A ncora al centro del dibattito, con molti proclami e poche soluzioni, la vicenda del latte sardo. Al riguardo, si è sentito di tutto: che si tratta della solita rivendicazione sopravvalutata per ragioni elettorali, che il formaggio non ha mercato perché in Sardegna ci sono più pecore che abitanti, che i sardi sono proverbialmente divisi e non sanno organizzarsi, che il problema è politico e deve pensarci lo Stato. Si sono cioè sciorinate una serie di affermazioni che i toscani chiamerebbero bischerate. Vediamo perché.

La Sardegna conta in effetti poco più di un milione e mezzo di residenti e circa 3 milioni di pecore, altre sono ubicate altrove, in Italia e all'estero (come in Tunisia). Sono circa 12.000 gli allevatori sardi di cui quasi il 90% è dedito all'allevamento ovino, il resto a quello caprino. Altre stime ci dicono che in media un pastore possiede 250 capi e che le pecore, in Sardegna, producono ogni anno circa 320 milioni di litri di latte. Si aggiunga che la presenza dei pastori, nelle aree interne, costituisce oggi più che mai un argine importante al definitivo spopolamento di quei luoghi e potrebbe rappresentare un laboratorio di innovazione-valorizzazione di economia sostenibile anche per altre aree interne d'Italia.

Ecco dunque fugata la prima bischerata: quella degli allevatori sardi non è una quisquilia sopravvalutata ma costituisce un'importante costola dell'economia italiana. Bene farebbero dunque le istituzioni nazionali ad occuparsene più spesso. (...)

SEGUE A PAGINA 6
© Riproduzione riservata