S ono varie, in questi giorni, le vicende che vedono in prima linea i sindaci. Vicende che i media stanno trattando separatamente, senza accorgersi che sono tanti, piccoli fuochi, di un unico grande incendio.

Da una parte, protagonista è il sindaco di Caronno Pertusella, paese del Varesotto, che ha provveduto a pignorare una quarantina di contribuenti morosi direttamente sul loro conto corrente bancario. C'è il sindaco di Santa Lucia di Piave, nel Trevisano, a guidare la protesta contro i nuovi criteri di riparto del Fondo di Solidarietà Comunale (Fsc), che nel 2020 determinerà massicci tagli per molti comuni. E c'è il sindaco di Malegno (Brescia) che, in ritardo sulla rendicontazione, stizzito, ha restituito allo Stato il 5xmille dei sui concittadini in monete da 1 centesimo (sei sacchi da 168 kg).

In strada sono poi scesi i sindaci di Lamezia (Catanzaro) e San Severino Marche, contro i tagli agli ospedali locali. Quello di Tortolì, contro l'Assl di Lanusei, per le file interminabili al Cup.

Com'è evidente, ciascun caso ha un comune denominatore: il turbolento rapporto tra contribuente e sistema pubblico, quest'ultimo inquadrato nelle sue dinamiche di decentramento territoriale, anch'esse non meno conflittuali e preoccupanti. Viene dunque, in qualche modo, evocata l'antica quaestio del contratto sociale, la quale, alla luce dello stato di malessere che, oggi più di ieri, vive la finanza pubblica, assume contorni allarmanti.

I l sindaco di Santa Lucia infatti si domanda: perché tollerare che alcuni contribuenti “distratti” non paghino imposte e tasse comunali mentre altri fanno sacrifici e il Comune non riesce ad erogare i servizi? Il sindaco di Caronno Pertusella si chiede invece: perché i Comuni virtuosi, che riescono a risparmiare risorse, vengono penalizzati rispetto a chi ha sprecato i soldi pubblici?

I due interrogativi potrebbero ridursi ad uno: perché non ripristinare un corretto rapporto tra contribuente e sistema pubblico? fiscalità e servizi? Possibile pensare che questo rapporto, ormai profondamente lacerato, possa rivivere solo attraverso tagli draconiani ai trasferimenti statali ed esazione forzosa dei contribuenti?

La verità è che questo nostro Belpaese, malato da molti anni di inettitudine, cinismo della politica e spesa pubblica clientelare, si è retto sin'oggi su uno scellerato patto tacito: le inadempienze dello Stato in cambio della tolleranza all'evasione fiscale. Il sistema pubblico si è così abituato a sprecare risorse e a rendere servizi inadeguati, quello privato a non lamentarsene troppo, a patto - appunto - di pagare meno tasse. Il tutto con l'apparente rispetto delle regole, visto che il patto non è mai stato verbalizzato, rimanendo - diciamo così - a livello consuetudinario.

Chi ha beneficiato di questo? La politica, che ha così potuto dilapidare risorse pubbliche, comprare consenso e procrastinare al potere i soliti noti, sempre pronti a promettere posti pubblici in cambio di imperiture carriere. Chi ha perso? I cittadini, la competitività del sistema Paese, il nostro inestimabile patrimonio pubblico, abbandonato a se stesso.

E oggi? Il patto scellerato non regge più. Il debito è alle stelle e occorre una soluzione d'urgenza. Quale? I nostri illuminati governanti non sembrano avere dubbi: stretta all'evasione, controlli, processi senza fine, manette. Bene, e l'altra faccia della medaglia? I servizi scarsi, gli sprechi, i privilegi? Certo, a Santa Lucia avranno un sindaco virtuoso. I cittadini non potranno lamentarsi se gli pignorano il dovuto. Ma che succede se domani fa lo stesso il sindaco di Roma? O quello di Napoli? Con quale faccia possono costoro pignorare i contribuenti che la sera, per tornare a casa, devono fare lo slalom tra rifiuti, lampioni spenti e buche stradali? Cosa pignoriamo ai romani che, per via delle discariche, ogni giorno interpretano dal vivo il film “Uccelli” (ricordate Hitchcock)?

Certo, lo Stato ha nuovi e più potenti mezzi oggi per combattere l'evasione fiscale. Ma il contribuente che strumenti ha per sanzionare l'inadempimento pubblico?

Prima che il rapporto tra cittadino e potere si rompa definitivamente, con conseguenze anche difficili da immaginare, forse conviene suggerire al manovratore di fermarsi un attimo, immaginare nuovi strumenti per recuperare risorse e ripensare il contratto sociale. Non può reggere, troppo a lungo, un sistema basato su dissenso, sfiducia e ostilità reciproca.

ALDO BERLINGUER

UNIVERSITÀ DI CAGLIARI
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