Recensioni dell’opera “La Grazia”
Recensioni dell’opera “La Grazia”Il 31 marzo è andata in scena al teatro Costanzi, con caldissimo successo, la nuova opera in tre atti La Grazia, dramma pastorale di Grazia Deledda, Claudio Guastalla, Vincenzo Michetti, musica di Vincenzo Michetti. L'argomento è tolto da una novella di Grazia Deledda, originariamente intitolata Di notte, una delle più tipiche e suggestive in quella produzione con la quale la genialissima scrittrice sarda evoca l'umanità semplice e i costumi schietti e pittoreschi della sua regione.
Su tale novella Claudio Guastalla, con la collaborazione della Deledda stessa e del musicista, ha costruito un libretto in tre atti (e un intermezzo) sceneggiato e condotto con grande abilità, in maniera che l'interesse dello spettatore è sempre tenuto desto.
Nel libretto, a momenti di soavità e dolcezza (come le scene familiari fra Simona e la sua bimba Gabina, personaggio centrale del dramma) e di gioia spensierata e festiva (come la processione campestre e le danze al principio del secondo atto), si alternano momenti di tremenda concitazione e di cupa drammaticità; finché l'intervento della piccola Gabina non muta in scioglimento lieto e soave quello che stava per essere un epilogo ferocemente tragico. Sulla avvincente trama – cui abbiamo accennato con rapidissimi cenni – il Maestro Michetti ha scritto una musica che alla semplicità ed alla chiarezza unisce una grande forza di sincerità e di efficacia.
In essa i gesti, le inflessioni, le sfumature ritmiche e foniche seguono l'azione sempre appropriata, e appaiono scaturite da schietti motti d'animo. Il declamato, il dialogo dei personaggi si svolge con verità e naturalezza. L'orchestra, pur sempre movendosi con nobiltà e distinzione e partecipando efficacemente alla vita del dramma, non soverchia quasi mai le voci, e armoniosamente le asseconda.
Particolarmente felice è lo sfondo musicale di ambiente, intessuto di cori e di danze. All'inizio dell'atto secondo l'episodio festivo, con la processione e i movimenti della folla, accenna a comporsi in un quadro di larghe linee e di pittoreschi colori. L'esecuzione è stata eccellente. Vittorio Gui ha dedicato ad essa tutto il fervore della sua anima di artista e tutta la sua cura fraterna. Gli artisti di canto sono stati tutti perfettamente a posto: la signora Arangi Lombardi, una Simona dalla voce calda e ben timbrata, dall'accento espressivo e dalla figura ed azione armoniosamente intonate alla visione artistica; il tenore Radaelli, cantante di ottimi mezzi, interprete appassionato del personaggio, fra estatico e patetico, di Elias; il baritono Parvis, che con la sua robusta voce, il suo energico e chiaro accento, la sua azione rude e impetuosa ha messo in efficacissimo rilievo la figura del giovane Tanu. Il Nardi e il Fiore, sempre preziosi, come cantanti ed attori, a crear tipi e macchiette. Ottima la Bertolasi, nella breve parte della donna incantatrice Cosema, e bene tutti gli altri. Impersonando la bimba di Simona, ignara e innocente spettatrice del crudo dramma e soave apportatrice di "grazia" e di pace, ha suscitato l'ammirazione commossa, per la sua disinvoltura e destrezza, la piccola Marcella Sabatini. Il coro, istruito dal maestro Consoli, ha cantato con sicurezza di ritmi e dolcezza di inflessioni i motivi di canzoni e di danze che creano alla visione un attraente sfondo. Molto ben curato l'allestimento scenico; e bellissime, nella loro semplicità, le scene dipinte da Augusto Carelli su bozzetti del pittore sardo Giuseppe Biasi. Il successo è stato vivissimo. Applausi interminabili, fiori; chiamate numerose: dopo le prime evocazioni agli artisti e al direttore maestro Gui, l'autore ha dovuto presentarsi a ringraziare alla ribalta, una dozzina di volte.
(Musica d’oggi, aprile 1923)
La Grazia contiene brani di vera bellezza. L'introduzione, a sipario alzato, affidata al coro intero, le prime scene, il brindisi, tutta la prima parte del secondo atto, la canzone a ballo e il finale, alcune scene del terzo, sono tutti episodi che debbono essere considerati come una vigorosa e sicura
affermazione di un musicista di razza. Indubbiamente in lui è forza sincera di compositore, forza materiata di studi, ravvivata da un temperamento nobile d'artista.
(Il Corriere d'Italia, Roma)
Quando Simona sospira il racconto della sua sventura – soavemente elegiaco – o Elias rivela il suo intimo tormento o Tanu minaccia la sua vendetta inesorabile, lo spettatore è tocco dalla potenza espressiva di questa musica semplice, limpida, dolorosa che si è giovata di una interpretazione eccellente.E non vien voglia di cercare se la frase sia genuina, se abbia ampio respiro, se sia ben tornita: si ascolta con piacere. E si applaude. Il musicista ha vinto la sua battaglia.
(L'Epoca, Roma)
Dopo Maria di Magdala, che sulle stesse scene del Costanzi, quattro anni or sono, fu tenuta a lieto battesimo, questa Grazia, intonata a tutt'altro spirito e perseguendo tutt'altro ideale d'arte, mostra come il temperamento del Michetti sia in processo di elaborazione, e come esso si avvii a trovare una formula meglio rispondente alla natura del musicista, tutta piena di ardore e di palpiti passionali. Nella Grazia, infatti, si nota l'operista, il quale, se pur legato ad un sistema, ch'è quello di non abbandonarsi mai all'estro, che pure in lui è così colmo di impeti, di ardore e di immaginativa, non può, non deve ribellarsi alla sua natura, ma ha da secondarla così da far nascere l'opera d'arte, in virtù dell'emozione che l'anima gli evoca e gli suggerisce.
(Il Giornale d'Italia, Roma)
Bisogna riconoscere al Michetti una sincerità artistica, ignota agli odierni alchimisti delle note, e bisogna attribuire a lui il merito d'aver suscitata nel pubblico una somma di emozioni e di commozioni, che è il precipuo attributo dell'arte vera, anche se limitata alla nuda psicologia del popolo. A parte le osservazioni e i rilievi, La Grazia del Michetti resta sempre un ragguardevole saggio del nostro teatro popolaresco nel quale la solidità dell'edifizio drammatico e musicale si arricchisce e si illumina di pagine ispirate e potentemente comunicative. Il racconto di Simona, la canzone a ballo col sensazionale duetto tra Tanu ed Elias, l'intermezzo fragoroso con la bambina impaurita, il racconto di Elias e la scena finale che chiude l'opera, nella loro ingenuità stilistica e orchestrale, rappresentano momenti sentiti e felici, che possono prorompere soltanto da un ardente anima d'artista.
(Il Messaggero, Roma)
Dobbiamo riconoscere che il lavoro del Michetti, nella sua sfera e nella sua natura quale noi abbiamo cercato di precisare, è un lavoro pregevolissimo.
I gesti, le inflessioni, le sfumature ritmiche e foniche seguono in esso l'azione sempre appropriata e appaiono scaturite da sinceri moti d'animo.
Il declamato, il dialogo dei personaggi si svolge quasi sempre con verità e naturalezza. L'orchestra, pur sempre movendosi con nobiltà e distinzione e partecipando efficacemente alla vita del dramma, non soverchia quasi mai le voci, e armoniosamente le asseconda.
Particolarmente felice è lo sfondo musicale di ambiente, intessuto di colori e di danze. All'inizio dell'atto secondo l'episodio festivo, con la processione e i movimenti della folla, accenna a comporsi in un quadro musicale di larghe linee e di pittoreschi colori, che mi ricorda molto da vicino (la rievocazione fa onore al Michetti) una scena festiva analoga nel Boris Godunof.
(Il Mondo, Roma)
Il pubblico che affollava il Costanzi ha accolto questa Grazia con amichevole trasporto.
La sincerità perfetta del musicista, la sua perspicacia di coloritore, la sua attitudine a rendere con pochi tratti una somma di emozioni tragiche, è stata rilevata con soddisfazione da mille e mille giudici imparziali. L'opera ha avuto, pertanto, accoglienze invidiabili.
(La Tribuna, Roma)
Onde l'insieme di questa nuova opera dimostra nel maestro Michetti un temperamento schietto da artista che sente il teatro, e, del dramma lirico, ha una particolare concezione sinceramente professata e liberissimamente attuata.
(Il Corriere della Sera, Milano)
Il dramma è, come si vede, rapido, serrato, violento e lo accompagna un fresco e appassionato commento musicale che assurge talora ad una notevole altezza lirica. Le idee musicali sono semplici, chiare, sgorganti da italianissima vena. Lo strumentale è semplice, spontaneo: scevro da ogni ricerca complicata, ma tuttavia rivela una mano agile e sapiente. L'ispirazione non illanguidisce mai. I canti sardi che il musicista ha elaborato con spirito popolaresco commovono vivamente. Il racconto di Simona, nel primo atto, la gara di canto e il ballo dei pastori nel secondo, l'intermezzo commoventissimo e l'arioso di Elias nell'ultimo colpiscono vivamente il pubblico. Il giudizio complessivo è interamente favorevole. La Grazia ha innanzi a sé una magnifica via.
(Il Popolo d'Italia, Milano)
La Grazia di Vincenzo Michetti ha trovato agevolmente le vie del successo questa sera al Costanzi. Successo schietto, caloroso, incontrastato: al primo atto tre chiamate agli artisti e tre all'autore ed al maestro Gui che dirigeva l'orchestra; al secondo atto due chiamate agli artisti e tre all'autore; al terzo atto ancora due chiamate agli artisti e numerose altre evocazione al Michetti e al Gui e poi al Michetti da solo da parte del pubblico festante che tardava a sfollare la sala.
Questa piena vittoria che consente di fare le più liete previsioni sulla vitalità dell'opera, è stata ottenuta con mezzi assai semplici ed onesti, oseremmo dire con una semplicità quasi primitiva che rasenta l'audacia in un'epoca in cui l'arte musicale è intesa a sbalordire colle bizzarrie più inattese. Il Michetti ci aveva annunziato la sua opera come un gesto di reazione, come un ritorno alle pure fonti del glorioso melodramma italiano; e così è. Giova avvertire che il pubblico romano ha apprezzato in sommo grado questo segno di rinsavimento nell'universale corsa all'assurdo ed ha espresso al giovane ed animoso musicista tutta la sua riconoscenza. La Grazia è apparsa un'opera di ispirazione genuina, limpida e spontanea. L'umana e drammatica vicenda concepita dalla fantasia di Grazia Deledda ha veramente commosso il cuore del Michetti che ha potuto così cantarla nel modo più caldo e suggestivo. Tre atti belli, forti, emozionantissimi.
(Il Secolo, Milano)