Se Vladimir Putin morisse la guerra in Ucraina finirebbe: così il leader ucraino, Volodymyr Zelensky, intervistato dall’anchorman americano David Letterman.

Nel corso del colloquio, registrato a ottobre, Zelensky ha risposto senza equivoci al conduttore che gli chiedeva se la guerra sarebbe continuata nel caso di morte di Putin per «un brutto raffreddore o per un'accidentale caduta da una finestra». Secondo Zelensky «un regime autoritario non si può permettere che uno solo abbia il controllo su tutto. Perché, quando lui viene a mancare, le istituzioni si fermano». E quindi, se Putin morisse, «non ci sarebbe la guerra», ha affermato. Il leader ucraino poi ha incassato il rinnovato appoggio dei leader del G7, che si sono riuniti in modalità virtuale alla vigilia della conferenza di Parigi sulla ricostruzione. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, che ha presieduto il summit, ha evocato un nuovo piano Marshall ed ha rinnovato l'appello a Vladimir Putin perché «ritiri le sue truppe» dall'Ucraina e torni «al diritto internazionale».

Il presidente ucraino ha poi rilanciato la richiesta di altre armi e di circa due miliardi di metri cubi aggiuntivi di gas per l'inverno, proponendo poi un "summit mondiale sulla pace" in cui discutere i "dieci punti chiari e realistici" del piano presentato da Kiev al G20 di novembre, fondato tra le altre cose sulla "integrità territoriale dell'Ucraina e sulla sua sicurezza energetica, alimentare e nucleare".

Il rilancio del piano di pace di Kiev sembrerebbe una buona soluzione per gli Stati Uniti.

Joe Biden, in un colloquio telefonico con il partner ucraino, ha «accolto con favore la sua dichiarata apertura ad una pace giusta basata sui principi fondamentali racchiusi nella carta dell'Onu», ha fatto sapere la Casa Bianca. Anche il Vaticano si è speso nuovamente per favorire l'apertura del dialogo, con il segretario di stato Pietro Parolin che ha espresso la "disponibilità" che la Santa Sede sia "il terreno adatto" per ospitare i colloqui di pace tra le parti, lasciando a loro di "individuare la metodologia di lavoro e i contenuti". Da Mosca, tuttavia la risposta è stata di gelo. «Temo che i fratelli ceceni e buriati, oltre a me, non lo apprezzerebbero. Per quanto ricordo, non ci sono state parole di scuse dal Vaticano», ha commentato la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova riferendosi alle accuse di crudeltà ai soldati buriati e ceceni in Ucraina formulate nelle settimane scorse da papa Francesco e che la Russia non ha per nulla digerito.

E mentre il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba evoca lo spettro dell'ipotesi di un blackout completo in seguito ai bombardamenti russi e dal Cremlino arriva la notizia che la tradizionale conferenza stampa di fine anno, per la prima volta negli ultimi 10 anni, non si terrà, secondo quanto riportato dal quotidiano russo Vedomosti il presidente russo Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping terranno un colloquio prima del nuovo anno: l’incontro, i cui preparativi sono in corso, servirà a fare il punto sui risultati del 2022 ma è improbabile si svolga faccia a faccia, piuttosto in videoconferenza.

(Unioneonline/v.l.)

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