Alle 6 russe del mattino Vladimir Putin ha ordinato di fatto l’invasione dell’Ucraina (GLI AGGIORNAMENTI), annunciando l’avvio di quella che ha definito una “operazione militare speciale per proteggere il Donbass”. Un’escalation improvvisa che ha sconvolto la numerosa comunità ucraina in Italia, che nel 2020 contava oltre 230mila persone. 

“Non so come faccio a trattenere le lacrime”, racconta all’Unione Sarda Yanina Haras, nata a Vyzhnytsia, nella parte ovest dell’Ucraina, 31 anni di cui 17 trascorsi a Fondi, in provincia di Latina, dove convive con un italiano e cresce il suo bambino. In Ucraina, però, ha lasciato oltre a un pezzo di cuore anche tutta la famiglia.

La prima cosa che ha fatto questa mattina, quando i media di tutto il mondo si sono riempiti con le immagini di carri armati ed esplosioni, è stata chiamare cognata e zia, che vivono a Cherson, vicino alla Crimea, in una delle zone colpite dall’esercito russo. “Alle 5 e mezzo del mattino è iniziato il bombardamento, sentivano tremare tutto. Sono scappate in un rifugio, mentre mia zia fuggiva le è crollato un pezzo di muro addosso. È rimasta ferita, è stata portata in ospedale. Ora non hanno il coraggio di rientrare a casa. Le strade sono piene di carri armati, i cieli di aerei. È uno scenario di guerra”.
Nella capitale Kiev, invece, vivono il padre, il nonno e altri cugini: "Sono terrorizzati, la città è militarizzata”. Per ora restano lì ma migliaia di persone stanno tentando di abbandonare la città intasando le strade e i distributori di benzina. Nel Paese, da stamattina, vige la legge marziale mentre il ministero della Difesa ha chiamato la popolazione civile alle armi.

La paura è che le comunicazioni possano interrompersi da un momento all’altro: “Poche ora fa la corrente è stata staccata e così la possibilità di accedere a Internet. Buio totale, il panico. Ora l’elettricità è tornata, ma chi può dire per quanto”. Aiutare i propri cari in Ucraina è difficile: “Ho chiesto se avessero bisogno di viveri, di rinforzi”. Ma è una domanda cui non può far seguito assolutamente nulla: tutti i voli civili sono stati cancellati perché a rischio abbattimento, e lo spazio aereo è stato bloccato anche ai voli commerciali. “Non ci resta che pregare, sperare che Putin si fermi. Ma è difficile che lo farà: è chiaro che vuole la guerra, per motivi che io personalmente non ho ancora capito". 

IL RACCONTO DA MOSCA – Non lo ha capito neanche Inna, 28 anni, architetto russo, originaria di Volgograd ma residente a Mosca. Innamorata dell’Italia, ha fatto un’esperienza di studio di circa un anno in Sicilia, ed è grazie alla sua perfetta conoscenza dell’italiano che può raccontare che cosa sta succedendo nella capitale russa. 

"Il mio studio di architettura è proprio vicino al Cremlino. Da ore si sentono le sirene della polizia suonare, ininterrottamente". Anche a Mosca “la situazione è molto pesante” e c’è preoccupazione.

L’invasione dell’Ucraina è una notizia “che mi aspettavo ma che mi fa vergognare”. “Perché attacchiamo? Io non capisco. Nessuna delle persone che conosco vuole questa guerra, nessuno pensa che sia giusta e che l’Ucraina ci minacciasse. Il nostro presidente Vladimir Putin pare impazzito”. 

Eppure il senso di impotenza è massimo: “Ci sembra di non poter fare nulla. Anche le manifestazioni più pacifiche qui in Russia si concludono nel sangue, con violente cariche della polizia e arresti”. A Mosca proteste contro la guerra in Ucraina sono state praticamente vietate. E anche se diverse persone sono scese in strada per inscenare “manifestazioni” individuali, sono state comunque fermate dalla polizia: “Non esiste la democrazia in questo Paese – dice Inna, che per questo ha chiesto di non riportare il suo cognome -. La gente non decide niente. È difficile vivere qui”.

La situazione, dal suo punto di vista, è peggiorata dall’invasione della Crimea del 2014: “La Russia ha dimostrato di non essere più così forte come una volta. Basta vedere lo stato degli ospedali, delle scuole e delle università: è pessimo”.

Il paradosso è che anche i russi hanno tanti parenti in Ucraina, perciò vedono i loro soldati attaccare fratelli, zii, cugini: “Ognuno di noi, almeno tra i miei amici e colleghi di lavoro, ha un parente in Ucraina. Io ho una zia a Odessa, un’altra città in cui oggi ci sono state forti esplosioni. L’ho sentita, sta bene. Ma abbiamo paura per tutti loro”.

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