Ricorre oggi il terzo anniversario della morte di George Floyd, il 46enne afroamericano deceduto per soffocamento in seguito a un fermo di polizia a Minneapolis, in Minnesota.

Era il 25 maggio 2020 e Floyd era entrato in negozio per comprare le sigarette. Il proprietario, però, sospettava che la banconota da 20 dollari con cui aveva pagato fosse falsa e aveva chiamato il 911.

Sul posto erano così intervenuti quattro agenti, che tirarono fuori Floyd dalla sua auto per procedere a un “controllo”. Ma quello che avrebbe dovuto essere solo un normale accertamento si trasformò in dramma. Uno dei poliziotti, Dereck Chauvin, immobilizzò il 46enne in maniera brutale, tenendogli una gamba sul collo, fino a impedirgli di respirare.

Una scena drammatica, immortalata anche in un video (GUARDA), dove si sente distintamente Floyd ripetere “Please… I can’t breathe”. Ovvero “Vi prego, non posso respirare”. 

E proprio “I can’t breathe” divenne, in seguito a quanto accaduto, lo slogan di un ampio movimento di protesta – il Black lives matter – che diede vita nei mesi successivi a numerose e partecipate mobilitazioni in diverse città degli States contro il razzismo e contro la “mano pesante” troppo spesso usata dalle forze dell’ordine Usa nei confronti della comunità afroamericana.

Quanto agli agenti intervenuti a Minneapolis, sono finiti tutti sotto processo. Chauvin, che tenne il ginocchio sul collo di Floyd per nove lunghi e drammatici minuti, è stato condannato a quasi 22 anni di carcere, con l’aggravante di aver violato i diritti civili della vittima.

«Mamma ti voglio bene. Dite ai miei figli che li amo...», furono le ultime parole di Floyd prima di morire.

(Unioneonline/l.f.)

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