Se sia maggiormente opportuno adottare una politica di tipo muscolare, oppure coltivare la via della diplomazia e del dialogo, non è questione facile da comprendere e da decidere, specie allorquando, il triangolo equilatero del potere contempli, ai suoi angoli, attori di primissimo piano come Joe Biden, Vladimir Putin e Xi Jinping. Il destino dell’Occidente sembra essere indissolubilmente legato, a doppio filo di ferro, a quello dell’Ucraina che, a sua volta, e probabilmente suo malgrado, si trova a fungere da fragile, ma determinante, ago della bilancia di un “Ordine Mondiale” che si accinge a configurarsi in maniera assai differente rispetto al passato, financo a quello immediatamente pre-pandemico.

Probabilmente, gran parte del “fraintendimento”, nasce dall’atteggiamento poco chiaro di Washington nei confronti di Kiev siccome pur non incoraggiandone la adesione alla Nato, parrebbe comunque volerla sottilmente sostenere, quasi a voler esercitare un “potere occulto”, ma “fisicamente” sussistente, sul confine Ucraino. Tanto più allorquando, la Unione Europea non si ponga quale partner affidabile per favorire una intesa efficace e persistente, pur avendo essa stessa valide ragioni per far sentire la propria voce, considerata la situazione geopolitica mondiale la quale, a sua volta, si ritrova a recepire un “disordine” pre-costituito più per inclinazione strategica di quegli stessi soggetti terzi che per determinismo circostanziale.

Ma nulla più sembra sorprenderci oramai, siccome i continui giochi di potere, lungi dal definire situazioni dubbie, paiono avere il solo obiettivo di rendere ancora più fumosa ed oscura la “zona d’ombra” di riferimento, ossia l’Ucraina ed il suo agognato “confine”, idoneo, per la sua collocazione, a fungere da spartiacque tra due Mondi: l’Occidente a trazione Americana e l’Oriente a trazione Cinese, entrambi portatori di una gestione differente del fenomeno della “globalizzazione” e dei suoi effetti socio-economici, e di una altrettanto gestione differente dei rapporti di inter-connessione reciproca e relazionale esterna. “Tertium non datur” per non esistere un Terzo che possa porsi quale “Mondo di Mezzo”, quale “bilanciere di centro” idoneo a far coincidere i due aghi della bilancia: in questo senso, l’Unione Europea si pone quale entità geo-politica in costante “fieri”, ma sempre drammaticamente “non pervenuta”.

Intanto, perché l’intera “questione ucraina” andrebbe, come di fatto deve, essere risolta solo attraverso la linea diplomatica, ossia mediante un negoziato con la Russia di Putin reso estremamente complicato a cagione della frammentazione endemica esistente nel contesto del Vecchio Continente, incapace, a tutt’oggi, per essere privo di un Leader carismatico di riferimento, di recepire il “divenire” costante delle trasformazioni “inter-dipendentistiche” esistenti all’interno dei principali blocchi di potere di cui, evidentemente, tanto Joe Biden, quanto Vladimir Putin e Xi-Jinping, paiono far parte a pieno Titolo. Quindi, perché traducendosi la “non presenza” Europea in una banale e svilente “immedesimazione organica” con l’atlantismo personificato da Joe Biden, è chiaro che la stessa sia destinata a restare confinata ai margini, assorbita dalla voracità statunitense invero proiettata nel conseguire un tentativo, mal celato, di espansionismo della Nato verso Est, mai “contrattualizzato”.

Infine, perché se davvero l’Unione Europea volesse ambire a divenire un interlocutore privilegiato, per esservi naturalmente legittimata grazie alla sua fiorente collocazione geografica idonea a renderla punto strategico di osservazione e di controllo tra i due “Mondi”, allora dovrebbe trovare il coraggio di “alienarsi” rispetto alla posizione angloamericana nel tentativo di inquadrare l’intera vicenda nel giusto contesto, ossia quello, e solamente quello, di una neutralità controllata e “vivace”, assai lontana dallo staticismo imposto da un “Alleato” che sembra divenuto troppo ingombrante e vorace per essere semplicemente ed acriticamente assecondato. Del resto, la Russia di Vladimir Putin, avrebbe tutto l’interesse a conservare rapporti di buon vicinato proprio con il Vecchio Continente e con la sua massima (forse ancora inesistente) Istituzione.

Intendiamoci meglio. La questione, al di là dell’interesse economico che la sottende e come fin troppo banalmente inteso, pare concernere in realtà una spigolatura assai più rilevante: la possibilità, o meno, di servirsi del territorio di uno Stato Terzo (nel caso di specie l’Ucraina) al solo scopo di predisporre un attacco armato contro il reale proprio competitor. Se, allora, in tali termini davvero si pone l’intera faccenda, ben si comprende come il “silenzio” europeo appaia non solo come colpevole, ma addirittura come direttamente indirizzato a condividere la politica marginalista statunitense “ad excludendum alios”. Josef Borrell, quale Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, parrebbe aver compreso la gravità dell’atteggiamento attendista europeo, ma sembra difettare di ogni delega legittimante la partecipazione dell’Unione Europea ai Tavoli del Confronto per essere (in) felicemente rappresentata, in realtà, da Washington. Detto altrimenti. Se è vero, come è vero, che l’Unione Europea deve vigilare sulla conservazione della stabilità dei suoi confini, tuttavia, è altrettanto vero che detta vigilanza debba imporre, innanzitutto, la rimodulazione dei termini del proprio partenariato atlantico attraverso l’elisione di ogni compromesso al ribasso figlio di una posizione di “sudditanza” tanto anacronistica quanto pretestuosa. L’azione Russa, nel caso specifico, è oltremodo lineare, e dubito che sia mero frutto di una scelta demagogica tendente a sollecitare il braccio di ferro americano al fine di poter rinvenire una giustificazione all’eventuale invasione dell’Ucraina.

Sarebbe una mossa troppo banale e poco risolutiva sul piano degli “interna mentis” dell’intelligence russa. Piaccia o meno, Vladimir Putin pare più intenzionato a restituire al proprio Paese il “contesto di dominio” che lo stesso aveva prima del fatidico crollo dell’Urss, ossia dell’Unione Sovietica-Stato. E credo, al di là dei reciproci rapporti di forza, rispetto ai quali Xi-Jinping sarebbe chiamato a schierarsi apertamente nell’ipotesi di una loro degenerazione, la Russia di Vladimir Putin potrebbe candidarsi ad avere la meglio da questo pseudo-conflitto, stabilendo un nuovo ed inedito equilibrio internazionale in ordine al quale, a quel punto, l’Unione Europea, sarebbe obbligata a far sentire il proprio peso attraverso i suoi vertici, finalmente rivisitati e finalmente efficacemente rappresentativi di un “contesto” geopolitico neutrale e attivamente rappresentativo di un ordine costituito “indipendente”. La questione ucraina è in realtà la questione di un nuovo ordine mondiale, nell’ambito del quale la superiorità del cosiddetto paradigma occidentale appare tutt’altro che scontata ed, invero, quasi surclassata dal nuovo “occidentalismo” russo-cinese.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato - Nuoro)

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