Per riscoprire i valori fondanti dell’Unione Europea
Dalla debolezza nella trattativa sui dazi tra Von der Leyen e Trump il segnale non trascurabile di una fragilità che sarebbe tempo di affrontare e superare(Ansa)
Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Il 1° agosto appena trascorso, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ha diffuso, anticipandoli con un Comunicato, i contenuti della Sentenza concernente i centri per migranti costruiti dall’Italia in Albania. In buona sostanza, per essere brevi, un certo Paese può essere considerato «di origine sicuro» unicamente ove garantisca un livello di protezione adeguata a tutta la popolazione e su tutto il suo territorio. Senza, tuttavia, mettere in discussione la possibilità di rimpatriare i migranti a cui sia stata negata la protezione internazionale.
Questa la regola aurea, quanto meno fino al momento dell’entrata in vigore di quello che sarà il nuovo Regolamento Europeo sulla Procedura d’Asilo, attesa, sembrerebbe, per il prossimo 12 giugno 2026. Al di là dello stupore (giustificato o meno poco interessa) palesato dal Governo Italiano per i contenuti della decisione in sé e per sé considerata, che sembrerebbero indebolirne l’indirizzo politico finora seguito in argomento, il valore della pronuncia parrebbe di gran lunga più intenso e di assai più ampio respiro siccome sembrerebbe riflettere valori maggiormente pregnanti, e concernenti le ragioni fondanti dell’europeismo e del Progetto Europeo complessivamente considerato.
Dicendolo diversamente, ed attualizzando la riflessione ragguagliandola alle vicissitudini correnti concernenti la gestione del periodo pandemico, la (mancata) capacità di incidere con forza sul contesto geopolitico internazionale attraverso una azione diplomatica forte per la “pacifica” definizione dei conflitti in essere, la debolezza emersa nella trattativa economica da ultimo discussa in tema di dazi tra la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen e il Presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump, rappresentano segnali non altrimenti trascurabili di una fragilità istituzionale transnazionale che sarebbe tempo di affrontare, e superare, attraverso la ricostruzione condivisa di una architettura giuridico-politico-economica dell’Unione Europea idonea a riflettere una Istituzione unica ed unitaria che riesca finalmente a fare “sintesi concreta” dei ventisette Stati Membri per divenire unità davvero fondante di progettualità presenti e future nel pieno rispetto delle reciproche differenze.
Probabilmente, nell’Unione Europea dei nostri giorni, sarebbe utile ripensare i meccanismi di funzionamento dei processi decisionali dell’Organizzazione al fine di riflettere e condividere nella loro pienezza i principi di sussidiarietà e proporzionalità che dovrebbero ispirare l’agire dell’Istituzione Europea nel suo complesso. Ebbene. Per restare in tema. Nello scenario corrente, il sopraggiungere di migranti e richiedenti asilo, non rappresenta un elemento di novità e, invero, costituisce un fenomeno che va ben oltre il paradigma geografico europeo. Eppure, sembrerebbe profilarsi quale (fra i tanti) punto critico che, nel tempo, è riuscito a mettere in discussione la capacità della ridetta Unione Europea di rivenire risposte concrete alle preoccupazioni (reali e/o percepite come tali) dei cittadini proprio allorquando si sia dovuto concretizzare in termini operativi concreti e funzionali il principio di solidarietà fra Stati Membri per la realizzazione di una reale condivisione dei doveri.
Ciò che avrebbe consentito, con buona verosimiglianza, e che consentirebbe oggi, una gestione quanto più ordinata e controllata del fenomeno. Le vicissitudini planetarie degli ultimi anni, sembrerebbero aver rivelato (perlomeno questa la sensazione che se ne ritrae) che le singole “amministrazioni” nazionali appaiono, da sole, inadeguate se ragguagliate alla complessità del governo della globalizzazione, ed in siffatta consapevolezza dovrebbe oggi radicarsi l’esigenza di rafforzare l’Istituzione di riferimento sovranazionale. Probabilmente, nella ridefinizione del nuovo ordine internazionale conseguente a quella che sarà la definizione dei conflitti in essere, potrebbe essere gravoso e poco risolutivo per i governi nazionali ragionare in termini di frontiere interne rinunciando su più frangenti, politiche migratorie comprese, alla equa ripartizione degli oneri che l’appartenenza all’Unione Europea comporta. L’Europa nel suo complesso considerata, è l’unica risposta utile alle sollecitazioni provenienti dai contesti internazionali, ed in questo senso, il rispetto per i valori che essa riflette sul piano sociale e umanitario, rappresenta la migliore risposta in funzione anche della salvaguardia degli interessi nazionali.
Giuseppina Di Salvatore