Boris Johnson “a pezzi” e “ vicino alle lacrime” nel corso di un confronto con gli esponenti del partito conservatore, dopo la bufera che lo ha travolto e che sta diventando un ciclone sempre più devastante.

Il premier britannico, come è noto, è al centro di un vespaio dopo le rivelazioni sugli aperitivi e gli incontri – ufficialmente di lavoro – cui ha partecipato in prima persona oppure organizzati dal suo staff nel periodo di Natale 2020, dove sarebbero state violate le restrizioni anti-Covid imposte dal suo stesso governo.

BoJo è così da settimane nel mirino dei tabloid e il suo indice di gradimento nei sondaggi è in calo.

E, nonostante abbia chiesto scusa, anche nel suo partito serpeggia il malcontento e un cambio di leadership, anche a Downing Street, è un’ipotesi più che concreta.

Fra i Tory sono in molti a voler affossare Johnson e il fronte della sfiducia si allarga ogni giorno che passa.

La minaccia principale è rappresentata da una ventina di deputati ribelli riuniti nel cosiddetto "Complotto della pork pie" (chiamato così per il fatto che una parlamentare coinvolta, Alicia Kearns, proviene dalla zona di origine del tipico tortino inglese con carne di maiale).

Si tratta di deputati eletti nel 2019 in altrettanti collegi dell'ex "muro rosso" Labour, che a Johnson devono la loro elezione, ma che ora sono pronti a sacrificarlo.

Secondo Sky News solo nelle ultime ore sono state inviate 12 lettere (ma altre sarebbero in arrivo da parte dei 20 ribelli) che invitano il premier in carica a farsi da parte.

Per silurarlo definitivamente dalla guida del partito e – dunque innescare anche la crisi di governo che porterebbe al cambio di premiership - servono 54 voti. 

Il precipizio, per l’ex sindaco di Londra, si avvicina dunque inesorabile.

(Unioneonline/l.f.)

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