Nonostante le rassicurazioni del ministro degli Esteri Luigi Di Maio, secondo cui "nei prossimi giorni l'Italia avvierà il negoziato per Al Serraji per portare avanti la condizione dei migranti in Libia", l'Unhcr, organizzazione internazionale per i rifugiati, ha annunciato da Ginevra l'interruzione delle operazioni nella struttura di raccolta e partenza di Tripoli, dove nelle ultime settimane hanno trovato rifugio oltre 1700 migranti.

Il motivo? Troppo pericoloso, anche in considerazione dell'aggravarsi del conflitto in Libia.

"Purtroppo l'Unhcr non ha avuto altra scelta se non quella di sospendere le operazioni al centro di Tripoli, dopo aver appreso che le esercitazioni di addestramento, che coinvolgono personale di polizia e militare, si svolgono a pochi metri dalle strutture che ospitano i richiedenti asilo e i rifugiati", ha spiegato Jean-Paul Cavalieri, capo della missione dell'Unjcr in Libia.

"Temiamo che l'intera area possa diventare un obiettivo militare, mettendo ulteriormente in pericolo la vita dei rifugiati, dei richiedenti asilo e di altri civili", ha aggiunto.

L'Unhcr ha dunque iniziato a trasferire decine di rifugiati "altamente vulnerabili", che sono già stati identificati per il reinsediamento o l'evacuazione in paesi terzi, dalla struttura in luoghi più sicuri.

"Altri aspetti importanti del nostro lavoro in Libia continuano a pieno ritmo e speriamo di poter riprendere le nostre operazioni al centro non appena la situazione di sicurezza lo consentirà", ha detto Cavalieri. Il 2 gennaio, l'Unhcr ha espresso serie preoccupazioni dopo che tre colpi di mortaio sono caduti vicino al centro e frammenti sono atterrati vicino a un magazzino all'interno del complesso.

(Unioneonline/v.l.)
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