In Libia riapre la prima ambasciata di un Paese occidentale da quando è stato deposto Gheddafi, ed è quella italiana.

L'annuncio è arrivato a margine dell'incontro tenutosi ieri fra il ministro dell'Interno Marco Minniti con il presidente del Consiglio Falez Mustafa Al Serraj e il ministro degli Esteri libico M. Siyala. Le due parti hanno firmato un memorandum d'intesa che ricalca gli accordi di Berlusconi con Gheddafi.

Obiettivo dell'accordo, comunica una nota del ministero, è rafforzare la cooperazione "nel campo della sicurezza congiunta, del contrasto al terrorismo e al traffico di esseri umani".

Ottomista anche il premier Paolo Gentiloni, che lancia un tweet: "Riapre l'ambasciata italiana a Tripoli. Impegno del governo per stabilizzare la Libia e collaborare contro i trafficanti di essere umani".

Il nuovo ambasciatore è Giuseppe Perrone, che oggi presenterà le credenziali al governo locale. "È un grandissimo segnale di amicizia nei confronti di tutto il popolo libico nonchè di fiducia nel processo di stabilizzazione del Paese", ha sottolineato il ministro degli Esteri Angelino Alfano. Aggiungendo che Perrone "è uno dei maggiori conoscitori della regione e delle tematiche politiche del Mediterraneo".

Minniti dunque ha fatto quello che aveva promesso giorni fa: affiancare al nuovo piano migranti una serie di accordi con i Paesi di origine dei flussi migratori, in primis quella Libia da cui salpa gran parte degli immigrati illegali che approdano sulle nostre coste.

Un accordo, quello raggiunto dal ministro dell'Interno, che potrebbe però rivelarsi un buco nell'acqua. Il governo Serraj infatti, pur essendo espressione dell'Onu ed essendo l'unico governo riconosciuto dall'Italia, non ha il pieno controllo del territorio.

Un peso molto importante ce l'ha infatti il generale filorusso Khalifa Haftar, che controlla le zone più ricche di petrolio e non vede di buon occhio l'accordo raggiunto dall'Italia: "Avete scelto la parte sbagliata", ha detto qualche giorno fa in un'intervista, per poi minacciare in maniera neanche tanto velata: "Consiglierei ai Paesi stranieri e anche al vostro di non interferire nei nostri affari interni".
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