Vertici militari israeliani, intelligence, apparati della sicurezza stanno lavorando senza sosta alla preparazione di piani su più fronti. Primo fra tutti la risposta all'Iran dopo il vasto attacco del primo ottobre che, come hanno riferito fonti Usa, sarebbe «imminente».

Poi la sicurezza interna in vista di temuti attentati ai civili nell'anniversario del 7 ottobre e l'ampliamento delle operazioni a Gaza a un anno dal massacro. Quindi l'allargamento delle operazioni di terra nel Libano del sud, raid martellanti sul quartiere dove è basato Hezbollah a Beirut, il blocco militare dello spazio aereo libanese, oltre al bombardamento - dopo quelli di altri varchi nei giorni scorsi - del valico di Masnaa, tra Siria e Libano, per impedire l'arrivo di armi spedite alle milizie sciite.

«L'Iran è dietro tutte le minacce contro di noi. Hanno lanciato centinaia di missili contro di noi in uno dei più grandi attacchi della storia. Nessun Paese al mondo accetterebbe un simile attacco, e nemmeno Israele lo accetterà. Abbiamo il dovere e il diritto di difenderci e di rispondere a tali attacchi. Ed è ciò che faremo», ha annunciato in serata senza mezzi termini Benyamin Netanyahu puntando tra l'altro il dito contro il leader francese Emmanuel Macron che si era appellato ad un embargo verso Israele di quelle armi che utilizza a Gaza. «Vergogna», gli si è rivolto il premier israeliano, assicurando che lo Stato ebraico «vincerà con o senza il suo sostegno» e quello di «altri leader occidentali». Ma «la loro vergogna - ha accusato Bibi - durerà a lungo», anche dopo che la guerra sarà vinta. 

(Unioneonline)

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