Con l’annuncio formale della prossima candidatura alle Competizioni Elettorali Europee di Elly Schlein per il Partito Democratico e di Antonio Tajani per Forza Italia, parrebbe iniziarsi a percepire tangibilmente l’imminenza del prossimo importante appuntamento, quello per il rinnovo del Parlamento Europeo.

A fare la differenza nella preferenza espressa dal popolo degli elettori, potrebbe essere il contenuto del programma portato avanti dalle singole forze politiche per la ridefinizione di una Unione Europea che possa definirsi a misura di cittadino e che sia espressiva delle esigenze dello stesso. E solo questo dovrebbe venire in considerazione primariamente, al di là ed oltre ogni considerazione sulla opportunità di candidare i diversi leader di partito.

La circostanza, nel contesto geopolitico attuale, agitato, per così dire, dai conflitti in essere, ossia da quello russo-ucraino, e da quello medio-orientale che vede coinvolti Israele e Palestina, appare in tutta la sua rilevanza e sembrerebbe porre non pochi interrogativi in merito a quello che sarà il ruolo dell’Unione Europea nel prossimo immediato futuro, senza tuttavia trascurare quello che già sembra essere alla attualità il ruolo esercitato. Intanto, perché l’Unione Europea sul piano geopolitico, non pare aver avuto, considerata nel suo complesso, la forza di indirizzo politico e diplomatico necessaria a guidare verso un convinto percorso di pace gli altri protagonisti della scena internazionale.

Quindi, perché sarebbe probabilmente riduttivo ricondurre la scarsa incidenza dell’Unione Europea nel contesto considerato al solo fatto che la medesima non sia dotata di un proprio apparato militare difensivo, stante il ruolo determinante che, piuttosto, dovrebbe assumere il circuito diplomatico, e considerata la ulteriore circostanza, non trascurabile, per cui, i cosiddetti “Stati Frugali” non parrebbero mostrare alcun interesse in relazione alla creazione di un apparato militare europeo e/o alla eventuale partecipazione attiva in scenari di guerra come da ultimo dichiarato dallo stesso Viktor Orban. Infine, perché, anche a tutto voler considerare, allo stato attuale, l’Unione Europea parrebbe poter unicamente esercitare una sorta di cosiddetto soft power, che, se per un verso, non sembrerebbe neppure astrattamente sufficiente ad esercitare una qualche influenza efficiente, per altro verso, se opportunamente esercitato, potrebbe financo contribuire a favorire la de-escalation dei conflitti in essere.

Intendiamoci allora su un punto: ancora una volta, e forse oggi più di ieri, nella situazione contingente, la questione geografica strettamente intesa, sembrerebbe essere il fulcro dei conflitti.

La questione territoriale strictu sensu considerata, sembrerebbe continuare ad animare le incomprensioni tra i Popoli, sia nel contesto russo-ucraino, sia in quello medio orientale tra Israele e Palestina. Oggi come ieri si potrebbe dire: nulla sembrerebbe essere mutato nel corso degli anni. L’Unione Europea che potrebbe delinearsi nella sua consistenza in conseguenza degli esiti delle prossime imminenti urne, se volessimo discorrerne in questi termini, dovrà con buona verosimiglianza farsi parte attiva nel processo di risoluzione delle controversie in essere anche al di là delle difficoltà determinate dall’imprescindibile principio della unanimità nella assunzione delle determinazioni comuni. Principio, quello della unanimità, che lungi dal poter essere considerato quale limite, sembrerebbe piuttosto costituire un “collante” all’interno di una Unione che non è ancora Federazione.

Dicendolo altrimenti: l’Unione Europea parrebbe attraversare essa stessa un momento di transizione siccome parrebbe necessitare, in ragione della sua stessa composizione e delle differenze esistenti tra i veri Paesi Membri, di una fase di assestamento e di ridefinizione utile ad affrontare in maniera composita tutta una serie di problematiche di carattere umanitario, di carattere sanitario e di carattere climatico, oltre che naturalmente di carattere politico. Dicendolo più chiaramente ancora, alla attualità sarebbe importante rinvenire un punto di contatto tra l’esigenza di coordinare quegli interessi prettamente strategici di carattere militare ed economico con quelli inerenti la difesa dei diritti dell’uomo dai quali, alla evidenza, non si dovrebbe prescindere.

L’Unione Europea, posta dinanzi a queste situazioni, potrebbe trovarsi nella necessità di andare oltre il meccanismo della costruzione di relazioni bilaterali con i paesi terzi, per costruire, o quanto meno tentare di farlo, un rapporto multilaterale coinvolgente e rispettivamente vincolante.

Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro

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