«Pace non significa resa, come Putin sembra suggerire. Confondere la pace con la sottomissione sarebbe un pericoloso precedente per tutti».

La premier Giorgia Meloni interviene alla plenaria del vertice di pace in Svizzera organizzato dal governo federale elvetico e dal leader ucraino, Volodymyr Zelensky: «L'Italia – dice Meloni – ha sempre fatto la sua parte e non ha intenzione di voltare le spalle ma dobbiamo unire tutti i nostri possibili sforzi per aiutare l'Ucraina a guardare al futuro ed è quello che abbiamo fatto al G7 sotto la presidenza italiana». «Possiamo costruire molto dopo la discussione di oggi», ha aggiunto.

La conferenza di oggi «presenta delle iniziative di sostegno che smontano certe narrazioni o propaganda: nessuno può mettere in dubbio i tre temi d'interesse globali discussi oggi, come la sicurezza nucleare e alimentare o la dimensione umana, in particolare la restituzione dei bambini all'Ucraina».

«Difendere l’Ucraina – ha detto ancora – significa difendere quel sistema di regole che tiene unita la comunità internazionale e protegge ogni Nazione. Se l’Ucraina non avesse potuto contare sul nostro appoggio e quindi fosse stata costretta ad arrendersi, oggi non saremmo qui per discutere le condizioni minime per un negoziato. Si tratterebbe solo di discutere dell’invasione di uno Stato sovrano e tutti possiamo immaginare con quali conseguenze».

La dichiarazione finale

Nel comunicato finale, approvato non da tutti i partecipanti al vertice di pace in Svizzera, si «riafferma l'integrità territoriale» dell'Ucraina.  «Il dialogo tra tutte le parti è necessario per porre fine alla guerra», si legge ancora, sollecitando il completo scambio di prigionieri di guerra e il ritorno dei bambini deportati dalla Russia. 

Dodici Paesi su 92 non hanno firmato il comunicato finale: sono Armenia, Bahrein, India, Indonesia, Giordania, Libia, Messico, Arabia Saudita, Sudafrica, Emirati Arabi. Ci sono anche Brasile e Vaticano, a Burgenstock però solo in qualità di «osservatori».

(Unioneonline/D) 

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