Per la diplomazia italiana la pace a Gaza e nel Medio Oriente è tuttora un obiettivo prioritario e si lavora, insieme agli alleati, per favorire una de-escalation.

A Roma, con il ministro degli Esteri Antonio Tajani, è stato aperto a un ulteriore contributo, una volta cessate le ostilità nella Striscia: l'invio di militari se si creasse una missione Onu di peacekeeping. Come l’impegno di lunga data tra i caschi blu in Libano. «Qualora servisse a Gaza, in una fase di transizione, una missione di pace, noi siamo pronti a inviare i nostri militari con l'Onu come portatori di pace», ha spiegato Tajani, ricordando l'esempio degli oltre 1.000 militari italiani impiegati in Unifil a protezione della Linea blu, la zona di interposizione tra Libano e Israele.

E riguardo a Unifil il titolare della Farnesina ha chiarito che «non c'è nessuna richiesta americana di allargare la missione libanese». Precisazione ritenuta doverosa dopo alcune ricostruzioni giornalistiche secondo cui Washington avrebbe chiesto a Roma un coinvolgimento dei suoi caschi blu in un piano per allargare i confini della Linea Blu, con l'obiettivo di evitare che la tensione tra Hezbollah e lo Stato ebraico aumenti ancora.

L'impegno italiano resta comunque centrale e c'è la disponibilità a lavorare con tutte le parti per una mediazione, come ha spiegato la premier Giorgia Meloni nei giorni scorsi in un colloquio con il premier libanese Najib Mikati e in un faccia a faccia a Palazzo Chigi con l'inviato Usa Amos Hochstein.

Le intenzioni del governo saranno ribadite anche da Tajani nella sua prossima missione nella regione, il 24 e 25 gennaio, con tappe in Libano, Israele e Cisgiordania.

Il punto di caduta per Roma sul Medio Oriente, nonostante la contrarietà di Benjamin Netanyahu, resta la soluzione dei 2 popoli e 2 Stati, «in linea con il piano di pace arabo», ha ribadito il titolare della Farnesina.

(Unioneonline/s.s.)

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