Quelle del 3 e del 10 dicembre sono date segnate in rosso sul calendario di Emmanuel Macron.

Si tengono infatti domani - con secondo turno tra una settimana appunto - le elezioni in Corsica, regione francese da 324mila abitanti quasi attaccata alla Sardegna.

E i sondaggi indicano chiaramente che con tutta probabilità vincerà una maggioranza formata da partiti indipendentisti e autonomisti.

Gli indipendentisti di Corsica Libera, guidati da Jean-Guy Talamoni, e gli autonomisti di Femu a Corsica, il cui leader è Gilles Simeoni, sono alleati e con tutta probabilità vinceranno, dopo essersi presi tre deputati su quattro alle elezioni legislative del giugno scorso.

Non una grande novità, visto che una maggioranza formata dagli stessi partiti già governa la regione, ma nel frattempo è arrivata la crisi catalana. E quando Puigdemont fece la dichiarazione unilaterale d'indipendenza, Talamoni salutò "la nascita della Repubblica di Catalogna" ed espresse la solidarietà "al governo e al popolo catalano".

Inoltre, dal 1 gennaio, scompare la divisione tra due dipartimenti (quello di Bastia e quello di Ajaccio) e l'amministrazione diventa solo regionale.

E i partiti che puntano al governo hanno già promesso di chiedere a Parigi uno statuto di autonomia entro tre anni. Vogliono il potere legislativo e un ampliamento delle competenze: per ora l'indipendenza non è all'ordine del giorno, ma Macron deve essere disposto a trattare e concedere qualcosa. Per scongiurare il rischio di una Catalogna francese.

NUOVA CALEDONIA - Un altro dossier caldo nelle mani del governo è quello della Nuova Caledonia, isola francese che si trova 1500 chilometri a est delle coste australiane, abitata in buona parte da popolazioni indigene. Dopo una lunga trattativa il premier francese Edouard Philippe ha annunciato di aver raggiunto un accordo politico con la regione. Entro novembre 2018 in Nuova Caledonia - che conta circa 260mila abitanti - si terrà un referendum per l'indipendenza.

(Redazione Online/L)
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