"Sin dai primi giorni dalla scomparsa di Giulio Regeni non potei fare a meno di notare che c'era un contrasto tra gli ottimi rapporti con l'Egitto e l'elusività delle autorità egiziane sul caso nonostante le mie pressioni".

Sono le parole dell'ex ambasciatore italiano al Cairo, Maurizio Massari, in un'audizione davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte del ricercatore italiano.

Regeni, dottorando italiano dell'Università di Cambridge, venne rapito il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir, e poi ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani, con evidenti segni di tortura sul corpo.

Le autorità egiziane non informarono subito, inoltre, la mattina del 3 febbraio, l'allora ambasciatore al Cairo Massari del ritrovamento del corpo di Giulio. Secondo il diplomatico ad informarlo fu una sua "fonte non istituzionale" dell'American University del Cairo.

"Vorrei ribadire la mia vicinanza ai genitori di Giulio che hanno dimostrato, in questa tragica vicenda, un coraggio e una forza d'animo eccezionali", ha poi ricordato Massari, oggi rappresentante permanente d'Italia all'Unione Europea.

Massari ha poi voluto specificare come lui "personalmente e tutta l'ambasciata al Cairo abbiamo profuso un grandissimo impegno, in raccordo con il governo, sin dai primi giorni della scomparsa di Giulio".

Quindi, il ricordo più difficile: "Non ottenni dall'Egitto l'autorizzazione a visitare l'obitorio in cui si trovava Giulio

Regeni quindi, di raccordo con Roma, mi recai lo stesso nella notte con un carabiniere. Riscontrammo segni di violente percosse, abrasioni, torture su tutto il corpo: una scena che ha lasciato una traccia indelebile nella mia memoria".

(Unioneonline/v.l.)
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