Ennesimo viaggio verso una speranza di salvezza finito in tragedia. Il corpo di Artin, bimbo curdo-iraniano di appena un anno e tre mesi, rinvenuto dalla polizia sulle coste del sud della Norvegia, nei pressi della città di Karmoy. 

Il piccolo è morto il 27 ottobre dell'anno scorso insieme a quattro membri della sua famiglia nel Canale della Manica, quando l'imbarcazione sulla quale tentavano la traversata verso la Gran Bretagna è affondata.

Il loro viaggio era partito il 7 agosto 2020 dal Kurdistan iraniano per poi raggiungere le coste occidentali della Turchia, dove trafficanti di esseri umani li avevano trasportati in Puglia.

Approdati sullo Ionio, Artin e i suoi familiari avevano risalito lo Stivale in direzione del nord della Francia, da dove avevano preso di nuovo il mare in direzione del Regno Unito, con l'obiettivo di raggiungere il campo di Dunkerque.

L'ultimo tratto di quest'odissea ha avuto come esito finale nuovi cadaveri di una catena che sembra infinita, visto il numero delle sue vittime.

Solo 15 persone si sono salvate dal naufragio dell'imbarcazione, e le loro testimonianze hanno permesso di ricostruire il viaggio, mentre si è giunti all'identificazione di Artin grazie al profilo del Dna.

La polizia afferma infatti che "professionisti qualificati del dipartimento di scienze forensi dell'ospedale universitario di Oslo sono riusciti a recuperare i profili del Dna corrispondenti".

Il corpo sarà rispedito in Iran per la sepoltura da parte dei familiari.

Nella sola prima settimana di giugno, la polizia britannica ha intercettato circa 600 persone partite da Calais alla volta del Regno Unito. 

(Unioneonline/F)

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