Accuse, sanzioni, minacce: sale la tensione tra Washington e Pechino
Pandemia, Huawei, diritti umani violati sono al centro di un'escalation di botta e risposta al veleno tra le due superpotenzePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Proseguono i botta e risposta al veleno tra Stati Uniti e Cina, accompagnati da provvedimenti restrittivi concreti e da reciproche minacce.
E' di queste ore l'ennesimo attacco del presidente Donald Trump contro il governo di Pechino, reo, secondo Washington, di non aver dato tempestivamente tutte le informazioni sull'inizio dell'epidemia di coronavirus, contribuendo così alla diffusione globale del Covid-19.
Ma le due potenze si danno battaglia ormai su tutto, con gli Usa all'attacco, oltre che sulle responsabilità dell'espandersi della pandemia, anche su Huawei e TikTok, sulla controversa legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong imposta da Pechino e sulle violazioni dei diritti umani nello Xinjiang contro le minoranze musulmane uiguri.
Proprio per queste ultime, Washington ha deciso di imporre sanzioni nei confronti di alcuni personaggi di spicco della nomenklatura cinese, a cominciare da Chen Quanguo, segretario del Partito comunista dello Xinjiang, accusato dalla Casa Bianca di essere l'architetto della repressione contro la minoranza islamica.
Un provvedimento che ha innescato la dura reazione dello stesso Chen Quanguo, secondo cui gli affari dello Xinjiang "sono puramente interni della Cina e le forze esterne, compresi i politici statunitensi, non hanno diritto o qualifiche per fare osservazioni irresponsabili o intervenire deliberatamente".
"Ciò che va affermato è che non ho alcun interesse ad andare negli Usa, né ho asset lì", ha detto Chen rompendo il silenzio in un'intervista rilasciata all'agenzia Xinhua. "Le sanzioni sono solo una brutta farsa, e trucchi disgustosi e goffi di politici statunitensi per umiliare se stessi".
Ma da Pechino denunciano altre restrizioni. Secondo la Repubblica popolare, infatti, gli Usa hanno ordinato la chiusura del consolato generale cinese di Houston, in Texas. Lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Wang Wenbin, puntando il dito contro quella che chiama "una provocazione unilaterale fatta dagli Stati Uniti contro la Cina".
E ancora: "una grave violazione delle leggi internazionali e delle norme alla base delle relazioni internazionali e una grave violazione delle misure relative ai trattati consolati Cina-Usa, ed è un tentativo deliberato di minare le relazioni Cina-Usa".
Wang ha anche denunciato che "da un po' di tempo gli Usa hanno attaccato e lanciato una campagna diffamatoria contro la Cina e creato senza ragione problemi al personale dei consolati cinesi: è un'escalation senza precedenti". Una mossa che Pechino "condanna con forza, chiedendo agli Usa di correggere immediatamente i suoi errori. In caso contrario - la minaccia - la Cina prenderà le sue legittime e necessarie contromisure".
Ma non finisce qui. In questi giorni, infatti, la Cina ha sollecitato i suoi studenti residenti negli Usa "a stare in guardia" a causa di interrogatori e detenzioni "illegali" messe in atto dalle autorità americane. "Di recente, le agenzie americane di applicazione della legge hanno accelerato le attività sul fronte degli interrogatori arbitrari, delle vessazioni, della confisca di effetti personali e della detenzione avendo come bersaglio gli studenti cinesi negli Stati Uniti", si legge in una nota diffuso dal ministero degli Esteri di Pechino.
(Unioneonline/l.f.)