Vicino al corpo di Chiara sei impronte “ignote”. L’amico di Paola Cappa: «Consegno gli audio alla Procura»
Non utili per l’identificazione, ma “comparabili”, spiegano gli esperti. E non sono né di Stasi, né di Sempio, né dei familiari della vittima(Ansa)
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Non solo la famosa “impronta numero 33” attribuita ad Andrea Sempio. Sulle pareti del muro della scala in fondo alla quale è stato trovato il corpo di Chiara Poggi c’erano altre sei tracce “palmari”, mai identificate, che gli esperti della Procura di Pavia hanno rianalizzato nell’ambito della nuova indagine sul delitto di Garlasco.
Impronte che restano ignote, a cui gli esperti non sono riusciti a dare un’identità. Ma sono state tutte ritenute “comparabili”, e con un lavoro di “esclusione” si è concluso che non sono di Sempio, né di Stasi, né dei familiari della vittima, sorelle Cappa comprese, né degli amici di Marco Poggi, Alessandro Biasibetti, Roberto Freddi e Mattia Capra.
Si tratta di un altro elemento che emerge dalla consulenza, redatta da Gianpaolo Iuliano e Nicola Caprioli, rispettivamente esperto del Ris dei carabinieri e dattiloscopista forense. I due consulenti non hanno potuto neanche attribuire un nome alle tracce "digitali" trovate sulla superficie esterna ed interna del portone di ingresso della villetta, cinque in tutto ancora da identificare.
Anche queste ritenute "comparabili", ma non utili per una identificazione e che hanno portato ad escludere, comunque, "match" con Sempio, Stasi e tutti gli altri nomi considerati, da Stefania Cappa agli amici di Marco Poggi.
Tra queste quella su cui più si concentra l’attenzione degli investigatori, la numero 10 repertata sulla "superficie interna del portone di ingresso sull'anta mobile". L'impronta di una presunta "mano sporca", su cui all'epoca non venne fatta "alcuna indagine biologica" per accertare se ci fosse sangue. Impronta che, scrivevano i carabinieri in un'informativa del 2020, se si fosse accertato che era sporca di sangue, si poteva dire certamente che era dell'aggressore che si allontanava dalla scena del crimine.
Accertamenti genetici su questa, però, saranno effettuati nell'ambito del maxi incidente probatorio, attraverso i "paradesivi" delle tracce dattiloscopiche recuperati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Milano.
Delle sei impronte palmari rimaste ancora ignote, tre erano state rintracciate, come la 33, sulla "parete destra della scala dove è stato rinvenuto il corpo". Altre due sulla parete sinistra e un'altra sulla "parete superiore della scala".
Gli esperti spiegano che un frammento di impronta digitale o palmare è comparabile quando, «sebbene non abbia tutte quelle caratteristiche necessarie per addivenire ad una piena identificazione, potrà comunque essere utilizzato in un confronto dattiloscopico con le impronte di soggetti noti per poter escludere con certezza l'appartenenza dell'impronta comparabile al soggetto stesso».
Il legale di Stasi
«Sulle impronte non si facciano due pesi e due misure», dichiara Giada Bocellari, legale con Antonio De Rensis di Alberto Stasi, riferendosi all’impronta 33 attribuita a Sempio.
«Ricordo solo – afferma la legale - che la stessa sentenza di Stasi reputa un grave indizio di colpevolezza un'impronta su un dispenser del sapone, nel bagno che ha frequentato anche lavandosi le mani la sera prima. Non si può usare due pesi e due misure: l'impronta di Stasi sul dispenser del sapone un gravissimo indizio di colpevolezza, l'impronta palmare di Andrea Sempio sulle scale dove è stata gettata Chiara Poggi, anche alla luce della presenza del Dna su due dita di due mani diverse della vittima, è un 'vabbè frequentava la casa'».
I messaggi di Paola Cappa
Saranno invece consegnati alla Procura i messaggi di Paola Cappa, diffusi da Francesco Chiesa Soprani e in parte svelati a “Le Iene”.
Lo ha detto a Storie Italiane Solange Marchignoli, legale dell’ex manager dello spettacolo amico di Paola Cappa. «Tutte le persone in buona fede cercano di contribuire per capire la verità. Ho preso contatti con un'agenzia per riversare i messaggi ricevuti dal mio assistito su un supporto telematico e poterli così consegnare alla Procura, salvo che non intervenga prima la chiamata del pubblico ministero».
«I messaggi – ha aggiunto – sono 186 e verranno ufficialmente consegnati, poi se possono contribuire all'indagine bene, altrimenti nulla. Non sarà un virgolettato che cambierà l'indagine. I pubblici ministeri sono molto preparati e seri non si fanno fuorviare da un virgolettato che appare su un giornale. Magari l'opinione pubblica risponde con la pancia, ma qui stiamo parlando di cose serie».
(Unioneonline/L)