Nuova inchiesta della magistratura sulla sanità siciliana.

Il servizio trasporto dei pazienti all'interno del Policlinico di Palermo, affidato in appalto, è finito sotto indagine dopo le denunce presentate dalla direzione dell'ospedale.

Nel corso dell'operazione "Tutto in regola", i finanzieri del comando provinciale e i carabinieri del Nas hanno eseguito un'ordinanza agli arresti domiciliari emessa del gip di Palermo nei confronti di Maurizio D'Angelo, 63 anni, di Palermo e già segretario del dipartimento dei servizi centrali dell'azienda ospedaliera universitaria Policlinico "Paolo Giaccone" e Alessandro Caccioppo, 49 anni, di Messina, già rappresentante legale della Italy Emergenza Cooperativa Sociale, indagati per corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio.

Con i due arrestati sono indagati per lo stesso reato altre tre persone.

Con lo stesso provvedimento, il gip ha disposto il sequestro preventivo di 260mila euro, ritenuti profitto della corruzione.

L'indagine avviata dai carabinieri del Nas di Palermo, su segnalazione dell'azienda ospedaliera, ha evidenziato gravi anomalie nella gestione del servizio di trasporto ammalati, appaltato nel 2012 e svoltosi sino al 2018, con una spesa preventivata di 4,5 milioni di euro.

D'Angelo, pubblico funzionario, avrebbe attestato la conformità delle fatture rilasciate dalla società in questione nonostante secondo le indagini fossero prive dei documenti e delle informazioni previste dal capitolato speciale d'appalto, con particolare riguardo all'indicazione specifica dei servizi resi e nonostante fossero stati addebitati all'ente pubblico costi del personale già compresi nelle prestazioni pagate. L'azienda avrebbe speso un costo maggiore di circa 3 milioni 367mila euro.

Secondo gli approfondimenti dei finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo sarebbe stato accertato il patto fra Caccioppo e D'Angelo, che avrebbe ricevuto 130mila euro. Soldi pagati con stratagemmi che servivano a "schermare" il passaggio di denaro.

In un caso la cooperativa avrebbe pagato 80mila euro su un conto corrente cointestato a T.I., parente del dipendente pubblico e al coniuge, S.M.L. per giustificare la risoluzione bonaria di una potenziale controversia di lavoro per una prestazione irregolare svolta nei confronti della cooperativa. Rapporto di lavoro che secondo i finanzieri non ci sarebbe mai stato.

(Unioneonline/v.l.)
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