“Se non mi denunci ti do il posto fisso, ma a patto che lo facciamo di nuovo”.

Così un imprenditore, dopo aver stuprato la sua lavapiatti precaria, pensava di averla fatta franca. E magari di poter avere altri rapporti con lei. Tanto è una poveraccia che non può permettersi una denuncia, ha pensato, una donna in stato di necessità economica e con figli piccoli da mantenere.

E invece lei lo ha denunciato e oggi per l’uomo sono arrivate le manette con la condanna definitiva a sei anni e mezzo di reclusione, senza attenuanti generiche, in Cassazione.

Protagonista un imprenditore della Val Seriana, titolare di un ben avviato agriturismo con ristorante e produzione agricola. Cogliendola alle spalle, mentre si cambiava nello spogliatoio, ha violentato la lavapiatti che lavorava a nero nella sua attività. Una violenza sessuale così forte da necessitare, per la vittima, un ricovero in ospedale e due mesi di prognosi.

Poi le ha anche detto che se non lo avesse denunciato e avesse accettato di avere altri rapporti con lui, “l’avrebbe messa in regola”. Giorni dopo lo stupro, ai 20 euro giornalieri che le dava, ha aggiunto altri 30 euro dicendo che “voleva farle un regalo”.

Ma il suo disperato tentativo non ha avuto successo. La donna, sostenuta da assistenti sociali e personale medico, l’ha denunciato. E non ha avuto successo la difesa dell’uomo, un 47enne: ha sostenuto che si trattasse di un “gesto occasionale”, che sei anni e mezzo erano troppi per lui, “onesto lavoratore e padre di famiglia sempre rispettoso delle regole”.

Niente. Neanche le attenuanti generiche: “Avrebbero potuto essere riconosciute – sostiene il legale –  in considerazione dello status di incensurato dell’imputato, la cui condotta di vita precedente al fatto è stata sempre inappuntabile”.

Giusta invece per la Cassazione la mancata concessione delle attenuanti. Perché l’imputato “ha compiuto una condotta illecita approfittando di una situazione lavorativa in cui egli si trovava in una posizione sovraordinata”. Confermato anche il risarcimento del danno, stimato in 45mila euro, “tenuto conto della sofferenza non solo morale ma anche fisica” della vittima.

(Unioneonline/L)

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