La Corte europea dei diritti dell'uomo ha chiesto all'Italia di rivedere la legge sull'ergastolo ostativo, che impedisce al condannato per reati gravissimi come mafia e terrorismo di usufruire di benefici sulla pena se non collabora con la giustizia.

Una sentenza con cui la Corte di Strasburgo, e precisamente della Grande Camera, ha rifiutato il ricorso dell'Italia dopo la condanna - che adesso diventa definitiva - emessa lo scorso 13 giugno sul caso dell'ergastolano Marcello Viola, detenuto per reati tra i quali associazione mafiosa e omicidio.

Viola, al 41 bis tra il 2000 e il 2006, ha chiesto di poter lasciare il carcere con un permesso per due volte; in entrambi i casi la richiesta è stata respinta, perché il condannato non aveva collaborato con la giustizia, né era stato accertato che avesse rescisso i legami con l'associazione criminale.

Ebbene, il carcere a vita "irriducibile", secondo i giudici dell'organo che fa capo al Consiglio d'Europa e non all'Unione europea, viola l'articolo 3 della Convenzione Europea sui Diritti umani, che proibisce i trattamenti inumani e degradanti, e l'articolo 8, che prevede il rispetto per la vita privata e familiare.

LA POLEMICA - La decisione è destinata a far discutere nel nostro Paese.

"Non la condividiamo e faremo valere in tutte le sedi le ragioni del governo italiano e le ragioni di una scelta che lo Stato ha fatto, tanti anni fa", ha commentato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede.

"Noi abbiamo un ordinamento - sottolinea il Guardasigilli - che rispetta i diritti di tutti le persone ma che di fronte alla criminalità organizzata reagisce con determinazione: chi chiede accesso ai benefici dimostri di essere pentito del proprio comportamento e collabori con la giustizia".

Anche l'ex presidente del Senato Pietro Grasso, in attesa del verdetto, si era definito "preoccupato" per l'eventuale bocciatura: "Non sono sicuro - ha detto in un'intervista al Corriere della Sera - che a livello europeo, attraverso la sola lettura delle carte, si riesca a percepire fino in fondo la pericolosità e l'incidenza della criminalità organizzata in Italia".

"Un mafioso - ragiona - non può reinserisi se non rompe le regole dell'organizzazione criminale, e questo si dimostra solo collaborando con lo Stato. Inoltre la norma concede la possibilità di accedere ai benefici anche a chi dimostra di non avere più legami con l'ambiente criminale pur non potendo fornire nuovi elementi ai magistrati".

"L'abolizione dell'ergastolo - ricorda infine - era uno dei punti del papello di richieste che Totò Riina pretendeva dallo Stato per fermare le stragi".

Positiva invece la reazione dell'associazione Antigone: "Siamo totalmente d'accordo sul fatto che ci deve essere sempre una prospettiva di rilascio - ha detto il presidente Patrizio Gonnella -. E chiunque oggi dica che adesso si introduce un automatismo nell'uscita, afferma qualcosa non corrispondente al vero. Non c'è alcun allarme sociale. Sostenere che i mafiosi adesso escono dal carcere, significa non fidarsi dei giudici".

Gli ergastolani, in Italia, sono circa 1.700: due terzi di loro sono ostativi.

(Unioneonline/D)

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