C’è un indagato per la morte di Satnam Singh, il bracciante indiano morto ieri al San Camillo di Roma, sfruttato e abbandonato dopo un gravissimo incidente sul lavoro in cui aveva perso il braccio.

Il suo datore di lavoro, Antonello Lovato, è accusato di omissione di soccorso, violazione delle disposizioni in materia di lavoro irregolare e omicidio colposo. Ascoltato dai carabinieri, ha riferito di aver trasportato Singh, con l’arto amputato, su un furgone a casa. Ha detto che quella del bracciante è stata «una leggerezza che può costare cara a tutti». Non si esclude che la Procura possa valutare anche il reato di caporalato.

Una storia, quella avvenuta nelle campagne della provincia di Latina, di ferocia e sfruttamento. Il bracciante, che lavorava senza contratto e percepiva 4 euro l’ora, ha perso il braccio destro sul lavoro, staccato di netto da un macchinario avvolgiplastica. Con lui nella stessa azienda lavorava la moglie. E mentre la donna implorava di portarlo in ospedale e chiamare i soccorsi, il 31enne è stato caricato sul pulmino e abbandonato sotto casa, con il braccio amputato – dettaglio agghiacciante – poggiato su una cassetta della frutta.

I familiari hanno chiamato i soccorsi, l’eliambulanza lo ha portato d’urgenza al San Camillo, dove ieri è morto dopo giorni di atroci sofferenze.

Il proprietario dell'azienda, assistito dagli avvocati Stefano Perotti e Valerio Righi, è stato ascoltato per diverse ore dai militari della compagnia di Latina, diretti dal maggiore Paolo Perrone. Da verificare se la volontà di non allertare i soccorsi sia legata all'irregolarità contrattuale o alla mancanza di permesso di soggiorno del lavoratore. Singh era arrivato in Italia insieme alla moglie, entrambi impiegati da due anni nella stessa azienda. Una vita come quella di tanti cittadini indiani che nelle campagne dell’Agro Pontino sono numerosi, impiegati nelle campagne o a negli allevamenti. Tanto lavoro, poche garanzie.

La triste vicenda di Singh riapre il capitolo della piaga del caporalato. Coldiretti chiede «pene severe e rigorosi controlli che colpiscano il lavoro nero e lo sfruttamento, portando alla luce quelle sacche di sommerso che peraltro fanno concorrenza sleale alle imprese regolari». Cgil e Uil chiedono di «intervenire subito sul tema della sicurezza, emergenza tra le emergenze" e la Cisl chiede sia "garantita la dignità e la sicurezza del lavoro in tutti i settori produttivi».

Le opposizioni, Pd e M5S, parlano di «atto bestiale» e «punto di non ritorno». Interviene anche la ministra del lavoro Marina Calderone che parla di un «atto di barbarie che deve essere perseguito in tutte le sedi» e manifesta l'impegno del governo «a fornire ogni più ampia assistenza alle autorità, così come stiamo facendo dalle prime ore per accertare i fatti e fare in modo che chi li ha commessi venga punito».

(Unioneonline/L)

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