Avrebbe perso il pullman verso un'altra località a cui era destinato, perché il trasferimento non gli sarebbe stato comunicato in modo adeguato. Successivamente avrebbe firmato un documento a lui incomprensibile e perso il posto nel centro di accoglienza, finendo quindi per strada. A raccogliere la testimonianza di un richiedente asilo giunto a Trieste dal Pakistan è il Primorski dnevnik, giornale triestino pubblicato in lingua slovena.

Secondo quanto riferito dal quotidiana, nel tentativo di risolvere il sovraffollamento dei centri di accoglienza, ricorda il quotidiano, la Prefettura di Trieste da tempo organizza trasferimenti di richiedenti asilo verso altre regioni.

«Gli operatori mi hanno detto che il 3 ottobre avrebbero trasferito venti persone in Sardegna. Hanno affisso una lista con i nomi su una bacheca e il mio era al 22esimo posto. Ero convinto che non fosse il mio autobus e che sarei partito con il prossimo», ha raccontato l'uomo. Il giorno dopo - ricostruisce il Primorski dnevnik - gli è stata presentata una lettera della Prefettura.

«Nessuno mi ha detto cosa stavo firmando», ha aggiunto. Si trattava però di una revoca del posto nel centro di accoglienza, dopo aver perso il trasporto da Trieste senza un valido motivo.

Ora l'uomo si rifugia in magazzini abbandonati nel Porto Vecchio. Secondo una stima del quotidiano, i casi simili a questo potrebbero essere più di quindici.

Come ha spiegato Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà, la Prefettura dovrebbe notificare su carta intestata a ciascun individuo la decisione con la data e l'ora del trasferimento in una lingua che la persona comprenda. In questo caso, come riporta il quotidiano, sono stati gli operatori del centro di accoglienza a comunicare ai rifugiati la partenza. Questa procedura di trasferimento, secondo Schiavone, è irregolare.

«Di conseguenza, anche la decisione di revocare l'accoglienza a un richiedente asilo se non sale sull'autobus è illegale». 

(Unioneonline)

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