Un difficile percorso di cure, e ora finalmente la luce in fondo al tunnel: è quanto, a sorpresa, ha raccontato l’astronauta Paolo Nespoli, fra gli italiani rimasti in orbita per più tempo, che ha affrontato negli ultimi mesi un tumore al cervello da cui è stato colpito.

Le prime avvisaglie nel novembre dello scorso anno, quando a causa di problemi di salute e stanchezza persistente i suoi voli si sono fermati per lasciare spazio a visite mediche. Quindi una Tac ha mostrato una macchia, che la risonanza magnetica ha confermato essere un tumore.

A colpirlo un linfoma B al cervello, che lo ha costretto a chemioterapie, all’autotrapianto di cellule staminali, e a un lungo percorso di riabilitazione.

"Il medico ha detto che c’erano buone probabilità di cura, non dico di guarigione”, spiega oggi Nespoli in un’intervista al Corriere. “Quindi gli ho risposto: facciamo tutto quello che c’è da fare".

Molti gli “effetti collaterali legati alla terapia. Forse il momento più duro è stato l’isolamento di 23 giorni durante l’ultimo ricovero per l’autotrapianto, al San Raffaele", ha raccontato.

Nessuna grande paura, in realtà, ma "certi giorni mi sarebbe piaciuto che fosse tutto più chiaro e preciso come una lista di addestramento ed esami".

"Non mi aspetto di ritornare normale – ha proseguito Nespoli – ma con la maggior parte della capacità che avevo prima, per continuare a viaggiare, a fare le conferenze, a parlare con i ragazzi, a spronarli a fare l’impossibile. Vedo queste cose nel mio futuro".

“Mi sento alla fine di un tunnel, guardo avanti e vedo la luce", la conclusione.

Il linfoma diffuso a grandi cellule B è il più diffuso tra i linfomi non-Hodgkin. Si tratta di una neoplasia aggressiva e caratterizzata da una rapida crescita che solitamente risponde al trattamento di prima linea pur manifestando anche casi di recidiva. Le stime indicano che, ogni anno, siano circa 150.000 le persone nel mondo a cui viene diagnosticato questo tipo di tumore.

(Unioneonline/v.l.)

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