Il 4 agosto 1989 uccise a colpi di pistola i genitori, Giuseppe e Marta, 53 e 50 anni, e il fratello minore Nicola, ventitreenne, nella loro casa di Parma, ma riuscì per anni a tenere nascosta la strage. Tutti pensavano che la famiglia se ne fosse andata ai Caraibi, il “paradiso degli scomparsi”.

Solo nel novembre '98, nove anni dopo, Ferdinando Carretta venne rintracciato a Londra, dove lavorava come pony express e fu scoperto durante un controllo dei documenti. All'inizio assicurò di non sapere nulla dei suoi genitori, poi confessò inaspettatamente davanti alle telecamere di “Chi l'ha visto?” di aver sterminato i familiari, spiegando nel dettaglio gli omicidi, e raccontò di aver trasportato i cadaveri in una discarica alla periferia di Parma, a Viarolo, ma i corpi non vennero mai trovati e nemmeno l'arma usata per il triplice omicidio.

Carretta è morto ieri a 61 anni a Forlì, dove ha trascorso nove anni in licenza-esperimento in una comunità, lavorando anche come impiegato in una cooperativa sociale - dopo averne scontati altri sette e mezzo nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere (Mantova) - e dove aveva acquistato un appartamento con i soldi dell'eredità: dalle accuse era stato assolto nel febbraio '99 perché ritenuto totalmente incapace di intendere e di volere all'epoca dei fatti, e nel maggio 2015 il magistrato di sorveglianza di Bologna aveva accolto, anche se con alcune prescrizioni, la richiesta di libertà avanzata dal suo legale, Cesare Menotto Zauli. Secondo il giudice la sua pericolosità sociale si era particolarmente attenuata.

«Certamente mi sono pentito di quello che ho fatto - spiegò Carretta in un'intervista -. Ho rovinato non solo la mia vita, ma quella dei miei genitori, di mio fratello e dei miei parenti. La gente non ha niente da temere nei miei confronti, perché quello a cui guardo io è di fare una vita tranquilla, di lavorare, fare una vita normalissima».

Nel dicembre 2010 riuscì a vendere la casa del massacro (un appartamento di 120 mq al primo piano di una palazzina in via Rimini) per circa 200.000 euro, dopo un accordo con le zie sulla spartizione dell'eredità.

«Ha scontato la sua pena, mi auguro solo che ora sia una persona serena ed equilibrata», commentò la zia Paola Carretta, «i corpi però non sono stati scoperti e non riesco a darmi una spiegazione logica».

I Carretta furono visti dai vicini per l'ultima volta quel 4 agosto di 34 anni fa: pochi giorni dopo Ferdinando cambiò in banca due assegni - del padre e del fratello, con firma apocrifa - per sei milioni. Nel febbraio precedente aveva invece acquistato una pistola 6,35. A novembre '89 il camper della famiglia fu trovato parcheggiato a Milano, in via Aretusa, e sul posto si recò il pm di turno Antonio Di Pietro, che non credeva alla fuga e ordinò di cercare i corpi nelle discariche. Inutilmente.

«In quell'estate dell'89 ero una persona completamente pazza», disse Carretta nell'intervista-scoop tv. «Vorrei che questa cosa non fosse mai successa, quello che ho fatto non lo avrei mai dovuto fare. La gente deve giudicare, io accetterò sempre qualsiasi conseguenza».

(Unioneonline/L)

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