Le sue vittime, ragazzine di 11, 12 e 13 anni, avevano dovuto patire per mesi, anche anni, le sue attenzioni morbose.

Violenze sessuali a tutti gli effetti a cui l'uomo le costringeva nell'aula di un istituto scolastico parmigiano, aula che l'uomo affittava per svolgere lezioni private di musica. Una delle sue vittime aveva più volte implorato i genitori, non voleva più seguire il corso di musica da quell'uomo ma solo alla fine, dopo due anni di soprusi, ha avuto il coraggio di confessare davvero il perché. Ora quell'insegnante parmigiano, a 66 anni, è definitivamente finito in carcere, dove deve scontare una pena di quattro anni e sei mesi inflitta dalla Corte d'Appello di Bologna.

Era già finito ai domiciliari già nel dicembre del 2017 quando una delle sue tre vittime, una ragazza di 14 anni, aveva avuto la forza di raccontare cosa davvero succedeva durante le lezioni. La ragazza era stata affidata all'insegnante dal settembre del 2015, quando aveva solo 12 anni, e prima ai familiari e poi ai carabinieri ha raccontato delle attenzioni morbose dell'uomo, degli abusi e delle foto nude che era stata costretta a fare.

Oltre alla sua testimonianza gli inquirenti avevano anche recuperato alcuni messaggi sul telefono dell'insegnante inviati dalla ragazza con cui lei lo supplicava di smetterla con quelle "attenzioni". Uno, ad esempio, recitava: "Sono solo una ragazzina, non si può comportare così. Se va avanti dovrò dirlo ai miei genitori".

La denuncia aveva portato all'arresto dell'uomo, finito appunto ai domiciliari.

Il coraggio di quella ragazzina, costretta per due anni a subire abusi e molestie, ha alla fine convinto anche altre due compagne a confessare quanto succedeva durante le lezioni. I casi accertati sono così saliti in tutto a tre.

Nel marzo dello scorso anno l'uomo è stato condannato in primo grado con tiro abbreviato a cinque anni e due mesi. Il gup del Tribunale di Parma Mattia Fiorentini allora dispose anche il divieto di insegnamento per tre anni, l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e un primo risarcimento per le vittime. Poi la condanna definitiva ed ora il carcere.

(Unioneonline/L)
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