"Carlo era un bambino", "non era il mostro che hanno descritto". Così Roberta Bandini, la vedova del cardiochirugo Carlo Marcelletti morto dopo aver assunto una dose eccessiva di digitale il 6 maggio scorso, a un anno esatto dall'arresto per detenzione di materiale pedopornografico, ha parlato del marito a 'I fatti vostrì. "Carlo - ha raccontato, nell'intervista a Giancarlo Magalli - ha curato 10 mila bambini e ne ha visitati 25 mila, e non c'è stata mai un'accusa da parte di un genitore. Aveva un'etica di comportamento. Lui adorava i suoi bambini ed era un bambino tra i bambini fuori dalla sala operatoria". Riguardo ai fatti che fecero scattare l'arresto, la vedova ha spiegato l'accaduto dicendo che era come se Marcelletti avesse avuto "un passaggio a vuoto", ma "non aveva nessuna delle caratteristiche del pedopornografo". Delle accuse, lo scambio di sms con una minorenne, "si vergognava", "ha fatto uno sbaglio, ma Carlo non era un mostro, era un bambino che voleva giocare. Lo conosco da 46 anni, era in un momento della vita in cui forse aveva perso un pò il senso delle cose, ma descriverlo come un maniaco è stata veramente una cosa troppo grande per lui". Ma il "vero dramma", che lo ha portato alla depressione, è stato il fatto di non poter più operare. Poco prima di ingerire la digitale, Marcelletti aveva inviato alla moglie un messaggio : "Non posso pensare di ridurre una famiglia sul lastrico e di finire in prigione, è meglio che me ne vada". "Sono tornata immediatamente a Roma. Lui non voleva andare al pronto soccorso, forse voleva morire a casa, io invece l'ho costretto perché ero convinta di poterlo salvare". Marcelletti aveva però già assunto "150 pasticche di digitale", come disse lui stesso ai colleghi. Una dose fatale.
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