"A volte qualcosa non funziona, anche nelle Comunità più piccole come le nostre. E allora è possibile che accada di dimenticare, di non accorgersi, di distrarsi".

Inizia così il lungo post Facebook con cui il sindaco di Roccacerro di Tagliacozzo, piccolo comune di 77 abitanti nella provincia dell'Aquila, racconta sgomento della morte di Furio Lescarini, maestro di sci classe 1959 trovato morto in casa dopo una scomparsa lunga quasi 12 mesi.

Un uomo "al quale la vita forse non ha riservato una piena realizzazione, forse non ha avuto il massimo della fortuna e del successo - scrive il sindaco di Tagliacozzo - Con la morte del papà e della mamma gli erano rimasti solo gli amici, quegli amici che dall’alta Italia, dove si recava a fare scuola di sci, o da Roma hanno lanciato l’allarme a gennaio scorso perché non avevano avuto più alcun contatto. E l’ultima volta che a Roccacerro lo si era visto in giro e persone gli avevano parlato è stato esattamente un anno fa: a Pasqua 2019. Poi nulla più".

Quindi, a distanza di dodici mesi, oggi, la triste scoperta della sua morte. A casa, da solo. "Non sappiamo se per morte naturale o forse un suicidio", aggiunge il sindaco. "Quello che sappiamo è che resta di lui un ricordo affettuoso e triste. Un uomo che in tanti hanno conosciuto e apprezzato per le sue qualità di sportivo di amante della montagna e di persona onesta, buona".

"È morto da solo Furio - la conclusione del lungo post che appare quasi un mea culpa di cui il primo cittadino si fa interprete per l'intera comunità locale - chissà quando, chissà quanti mesi fa e il rammarico della comunità di Roccacerro è grande come il loro cuore: saranno i roccatani ad offrire un decoroso funerale e una degna sepoltura a Fuorio".

Furio Lescarini era molto noto nel mondo dello sci: intere generazioni di ragazzi avevano cominciato a cimentarsi con le prime discese sulle piste proprio grazie alle sue lezioni. Era conosciuto in Abruzzo, sulle piste del Terminillo e soprattutto al Nord - Folgarida, Madonna di Campiglio - dove andava a lavorare quando la stagione invernale in Abruzzo era finita e dove aveva intenzione di trasferirsi. Gli amici lo chiamavano "La freccia della Salaria".

(Unioneonline/v.l.)
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