«Lockdown per chi non si vaccina»
Fabrizio Pregliasco: soluzione per arginare il virus, a dicembre rischiamo 25mila casi al giorno
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«Il lockdown per i non vaccinati potrebbe essere anche in Italia una soluzione per contrastare la nuova ondata del virus, del resto altri Paesi, come l’Austria, hanno deciso di attuarlo. Si tratta di valutare l’andamento epidemiologico e le inevitabili resistenze della piccola ma rumorosa quota di cittadini che, con motivazioni infondate sul piano scientifico, continuano a dire no al vaccino». Il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto “Galeazzi” di Milano, in un momento di aspra dialettica tra favorevoli e contrari all’immunizzazione, ritiene praticabile l’ipotesi di un confinamento destinato solo a chi sinora ha rifiutato la puntura anti Covid.
Come valuta questa nuova fase del virus?
«Siamo in una situazione in cui cominciamo a vedere un colpo di coda del virus collegato alla combinazione di diversi fattori. Ci sono sbalzi termici, trascorriamo gran parte della giornata in spazi chiusi, l’attività lavorativa si svolge ormai in presenza e le scuole continuano ad essere, giustamente e doverosamente, aperte. In più si è abbassato notevolmente il livello di attenzione alle regole fondamentali per limitare la diffusione del Covid. Per non parlare dell’atteggiamento dei “no green pass” che, lo abbiamo visto durante le recenti manifestazioni di protesta, non si curano dei rischi. Tutto questo aiuta il virus che trova terreno fertile per svilupparsi. È un tormento che sembra senza fine».
Quali sono i pericoli?
«Il quadro rischia di diventare pesante. Dobbiamo attrezzarci per affrontare lo scenario peggiore e per gestirlo al meglio».
In che modo?
«Bisogna aumentare il più possibile la quota dei vaccinati. È la soluzione migliore. Dobbiamo inserire nel circuito virtuoso della vaccinazione i giovanissimi per i quali la malattia non è una banalità. Certo, non ha gli stessi livelli di gravità che raggiunge quando colpisce i loro nonni, ma anche i ragazzi devono stare molto attenti. Inoltre, con la variante Delta, che ancora imperversa, i più giovani sono tra i principali diffusori della malattia verso tutto il resto della popolazione. Quindi vacciniamoci e continuiamo a osservare le precauzioni necessarie e comportamenti responsabili».
La stagione fredda può ulteriormente aggravare il quadro?
«Sì, può complicare le cose. Nei mesi più freddi, a dicembre e gennaio, rischiamo di arrivare anche a 20-25 mila casi al giorno. Ma, lo ribadisco, dipende da noi. Possiamo scongiurare guai peggiori rispettando le regole basilari che fanno parte del galateo anti virus: soprattutto distanziamento e utilizzo delle mascherine in tutti i casi in cui sia necessario».
È giusto estendere la terza dose a tutte le fasce d’età?
«È importante abbassare l’età coinvolgendo in tempi brevi tutti gli over 50. Occorre naturalmente valutare, per le scelte future, l’evoluzione della pandemia. Se la situazione non dovesse essere particolarmente pesante per i più giovani potrebbero essere sufficienti le due dosi».
Che cosa pensa del farmaco antivirale che l’Aifa intende acquistare?
«È un orizzonte molto interessante. Si apre la strada a una terapia specifica antivirale. Quello che sinora abbiamo avuto a disposizione, mi riferisco all’eparina, al cortisone, e all’ossigeno, sono farmaci sintomatici. I nuovi prodotti sono utili per aggredire il virus con risultati molto efficaci. Però, a mio avviso, è sempre essenziale l’aspetto della complementarietà nella lotta contro il Covid: la terapia deve essere accompagnata dalla somministrazione dei vaccini».
Sono utili i test sierologici di massa?
«In questa fase non sono rappresentativi della realtà, mi sembra inutile adesso fare questo tipo di test».
Quanto dura l’immunità indotta dal vaccini?
«Non sappiamo quanto possa durare e con quale intensità i vaccini ci proteggano nel corso del tempo. Vediamo che i guariti possono infettarsi di nuovo. Si tratta di una caratteristica riscontrata in altri coronavirus. È probabile che un livello di immunità continui ad essere presente anche a distanza di molti mesi dal vaccino. È necessario effettuare test specifici. Non solo quelli per la ricerca di anticorpi contro la proteina S (Spike) ma anche test neutralizzanti sull’attivazione dei linfociti T e sulla presenza di una risposta immunitaria».
È opportuna la vaccinazione ai bambini dai 5 agli 11 anni?
«Bisogna fare in fretta. In questo momento è fondamentale. In un periodo successivo potrebbe non essere più necessaria se non per i bambini con particolari patologie in base al modello, ormai consolidato, del vaccino antinfluenzale. Ora, con la progressiva diffusione della variante Delta, i bambini sono i più colpiti e quindi sono anche potenziali diffusori della malattia. In Italia l’uno per cento finisce in ospedale, 400 di loro sono finiti in terapia intensiva, 33 sono morti. Numeri che dimostrano quanto questo virus sia temibile anche per i giovanissimi, senza trascurare i danni provocati dal long Covid».
Ottimista sul futuro?
«Non riusciremo a sconfiggere definitivamente il Covid. Il virus avrà un andamento endemico. Dobbiamo immaginare questa pandemia come una serie di onde provocate da un sasso in uno stagno. Le più grosse ci sono già venute addosso e le abbiamo superate. Ora, dopo un periodo di relativa calma, stanno arrivando nuove onde, meno forti rispetto a quelle che ci hanno investito nei mesi scorsi. Notiamo una recrudescenza del virus. Sarà, rispetto al passato, una convivenza, per così dire, più civile grazie ai vaccini e alle nuove terapie che, in stretta alleanza, ci aiuteranno a riconquistare spazi di vera normalità».
Massimiliano Rais