Un provvedimento di arresto del gip del tribunale di Milano per Artem Uss, l'imprenditore russo figlio di un oligarca molto vicino a Vladimir Putin evaso lo scorso 22 marzo da un appartamento nel Milanese dove era agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, e una taglia fino a 7 milioni messa dal Dipartimento di Stato Usa per chi fornisce informazioni utili per rintracciarlo e bloccarlo.

Sono gli sviluppi sul caso dell'imprenditore che il giorno dopo il via libera alla sua estradizione negli Stati Uniti - dove è accusato di presunti traffici illeciti di materiale civile e militare “dual use”, di contrabbando di petrolio dal Venezuela verso Cina e Russia eludendo le sanzioni, e pure di riciclaggio e frode bancaria - ha fatto perdere le proprie tracce ed è ritornato in Russia.

Una vicenda, per la quale si è rischiato l'incidente diplomatico con gli Usa, che ora ha portato il gip di Milano Anna Magelli ha emettere un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per evasione e procurata evasione nei confronti dello stesso Uss e di altre cinque persone: Vladimir e Boris Jovancic, padre e figlio di origini bosniache, Matej Janezic, sloveno, e Srdjan Lolic e Nebojsa Ilic, serbi. I primi due sono stati bloccati nel pomeriggio di ieri: il basista Vladimir a Desenzano, il figlio Boris in Croazia.

Dagli accertamenti, come è riportato nell'ordinanza, il piano di evasione e di fuga di Uss è articolato in quattro fasi: dai sopralluoghi preliminari al prelevamento dell'imprenditore nell'appartamento che aveva in affitto a Cascina Vione, un complesso residenziale a Basiglio; dall'accompagnamento alla frontiera a Gorizia, da dove è passato poi in Slovenia per raggiungere infine la Russia. Coinvolta anche una donna, che è solo indagata: avrebbe messo a disposizione la Fiat Bravo su cui Uss, il 22 marzo, attorno alle 13.40, dopo essere stato prelevato da casa si è accomodato sul sedile posteriore.

L'auto, secondo i filmati delle telecamere, era guidata da Boris Jovancic, nato a Negrar, in provincia di Verona, mentre al suo fianco c'era il padre Vladimir. L'imprenditore ha raggiunto il confine, dopo aver cambiato auto, scortato da «una vera e propria carovana» composta da 4 macchine diventate tre a Lonate del Garda. Ma le indagini hanno documentato anche i sopralluoghi - almeno 5 - dei complici, avvenuti tra febbraio e marzo, finalizzati a organizzare il piano nelle settimane precedenti.

(Unioneonline/D)

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