«Via Rasella è stata una pagina tutt'altro che nobile della resistenza, quelli uccisi furono una banda musicale di semi-pensionati e non nazisti delle SS, sapendo benissimo il rischio di rappresaglia su cittadini romani, antifascisti e non».

Così il presidente del Senato Ignazio La Russa a Terraverso, podcast di Libero, rispondendo in merito alle critiche alla premier Meloni circa l'eccidio delle Fosse Ardeatine riferito a generici «morti italiani» e non, invece, anti-fascisti.

Parole che hanno innescato nuove polemiche.

Il 23 marzo 1944, i partigiani romani impegnati contro i nazifascisti fecero detonare in via Rasella, a Roma, un ordigno esplosivo improvvisato al passaggio di una colonna di soldati del Polizeiregiment in marcia. L’esplosione, che portò alla rappresaglia con cui i nazifascisti compirono l’eccidio delle Fosse ardeatine, causò la morte di trentatré soldati tedeschi e di due civili italiani. Si trattò del più significativo e letale attentato compiuto dai partigiani contro le forze di occupazione tedesche e i fiancheggiatori fascisti.  

Per La Russa, invece, fu «un attacco pretestuoso perché tutti sanno che i nazisti hanno assassinato detenuti, anche politici, ebrei, antifascisti e persone rastrellate a caso, certo non gente che collaborava con loro».

Alla “tesi” del presidente del Senato è arriva la dura replica dell’Anpi, secondo cui «le parole di La Russa sono semplicemente indegne per l'alta carica che ricopre e rappresentano un ennesimo, gravissimo strappo tesa ad assolvere il fascismo e delegittimare la Resistenza».

«Il terzo battaglione del Polizeiregiment colpito a via Rasella mentre sfilava armato fino ai denti - ricorda il presidente Anpi Gianfranco Pagliarulo - stava completando l'addestramento per andare poi a combattere gli Alleati e i partigiani, come effettivamente avvenne. Gli altri due battaglioni del Polizeiregiment erano da tempo impegnati in Istria e in Veneto contro i partigiani».

(Unioneonline/l.f.)

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