Il sesso è un diritto? Vita da carcerato, l’amore è un divieto
L’articolo 18 dell’Ordinamento penitenziario proibisce gli incontri intimi con i partner. Il caso di un detenuto in Umbria davanti alla Corte CostituzionalePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Ai detenuti e alle detenute deve essere concessa la possibilità di avere momenti “privati” con le proprie mogli, i propri mariti o i propri fidanzati? Ed è giusto prevedere nei penitenziari luoghi appartatati per i rendez-vous amorosi tra chi è ristretto e il partner che arriva in visita? In Italia il dibattito si è (ri)aperto in questi giorni, dopo che un uomo, detenuto in Umbria, si è visto respingere la richiesta, rivolta all’amministrazione carceraria, di colloqui “intimi” con la sua compagna.
Il caso
L’articolo 18 dell'Ordinamento penitenziario, infatti, proibisce a chi è ristretto in carcere (anche se non sottoposto al regime duro del 41 bis) di restare solo con il partner, lontano da occhi indiscreti. Ma la vicenda ha portato il giudice di sorveglianza di Spoleto, Fabio Gianfilippi, a rivolgersi addirittura alla Corte Costituzionale, sollevando la questione di legittimità. «L’interessato si duole del divieto impostogli dall’amministrazione di svolgere colloqui intimi con i propri familiari e in particolare con la compagna», scrive il magistrato ai giudici costituzionali, con il dubbio che il divieto di cui sopra possa essere contrario ai diritti sanciti dalla Carta, in quanto, prosegue Gianfilippi, «un’amputazione così radicale di un elemento costitutivo della personalità quale la dimensione sessuale dell’affettività finisce per configurare una forma di violenza fisica e morale sulla persona detenuta».
Nel mondo
In attesa del responso, il Garante per i detenuti del Lazio Stefano Anastasìa è intervenuto sul caso, dicendosi convinto che «il riconoscimento del diritto alla sessualità dei detenuti non solo favorirebbe la loro crescita personale, ma andrebbe a beneficio dell’intera istituzione carceraria perché migliorerebbe i rapporti con gli agenti di polizia penitenziaria e aiuterebbe il clima generale della vita in carcere». Lo stesso Anastasìa ricorda che «quel che è permesso ai detenuti di Francia, Svizzera, Austria, Slovenia o Spagna, e complessivamente in 31 Paesi europei (ma anche in India, Messico, Israele, Canada) agli italiani è negato». Non solo: «Ci sarebbero pure in questo senso le Raccomandazioni del Consiglio d’Europa o del Parlamento europeo che auspicano le visite coniugali ai detenuti. E c’è anche la Corte europea dei diritti dell’Uomo, il tribunale internazionale di Strasburgo, a manifestare apprezzamento per gli Stati che prevedono i colloqui intimi e l’esercizio dell’affettività anche di tipo sessuale. Infine, c’è una recente sentenza del 2021 che ribadisce questo orientamento».
Manca la legge
Per quanto riguarda il nostro Paese, invece, «già nel 1999», ricorda Anastasìa, «l’allora capo del Dap Alessandro Margara propose la revisione dell’ordinamento carcerario con la previsione di aree ad hoc per incontri non a vista: il Consiglio di Stato rispose che non si poteva cambiare il regolamento, ma si doveva emanare una legge. Dopo oltre vent’anni siamo ancora qua a discuterne». Ancora: «Due proposte di legge, avanzate dai Consigli regionali di Toscana e Lazio, in discussione in Senato nella passata legislatura, non hanno concluso l’iter. La proposta di legge approvata con una mozione del Consiglio regionale del Lazio, in particolare, è partita dalla ricerca dell’Università di Cassino e del Lazio meridionale ed è stata realizzata con la condivisione e il supporto del Garante dei detenuti e della Presidenza del Consiglio regionale».
Pubblico e privato
Insomma, «sono anni che si parla di concedere pause di intimità ai detenuti italiani. Ma la legge lo vieta, perché il regolamento carcerario impone che i colloqui del detenuto con il partner o la partner, anche se concesso in sale separate, dev’essere sempre sottoposto alla vigilanza degli agenti. Il carcere - di conseguenza - non è mai considerato un luogo privato, ma pubblico per definizione. E di conseguenza il sesso in un luogo pubblico non si può fare perché, a rigore, è un reato in sé». Sul caso si è espresso, anche il Garante dei detenuti dell’Umbria, nonché giurista, Giuseppe Caforio, secondo cui sarebbero tante, in Italia, le persone pronte a chiedere di avere rapporti con il proprio compagno o la propria compagna. «I tempi», dice Caforio, «sono maturi per impugnare la normativa. I rapporti affettivi sono da intendere come diritti inviolabili dell’uomo e, perciò, da rendere possibili anche in carcere». Serve però «una legge organica e meditata, che permetta la creazione di spazi appositi».
La proposta di legge
Sesso vietato per i detenuti in Italia, ma una proposta di legge esiste: è il ddl, adottato dal Consiglio regionale del Lazio e presentato alle Camere a febbraio 2022 e finalizzato alla “Tutela delle relazioni affettive e della genitorialità delle persone ristrette”.
Nel provvedimento si propone l’allestimento di una sorta di stanze dell’amore per gli incontri intimi tra i ristretti e i loro partner, come già avviene, ad esempio, in Norvegia, Danimarca, Germania, Olanda, Belgio, Francia, Spagna, per citare solo i Paesi Ue. «Aree dedicate nelle carceri», si legge nel testo della proposta, «in cui i detenuti possano esercitare, nel rispetto della riservatezza, il loro diritto all’affettività e alla sessualità».
Da 6 a 24 ore
Tali aree, viene specificato, dovranno essere «luoghi adatti alla relazione personale e familiare e non solo all’incontro fisico: un tempo troppo breve, infatti, rischia di tramutare la visita in esperienza umiliante e artificiale. Per tale ragione si è inteso prevedere che la visita possa svolgersi all’interno di un lasso di tempo sufficientemente ampio da 6 a 24 ore».
Inoltre, la possibilità di accedervi potrebbe essere negata in caso di «comportamenti prevaricatori o violenti ovvero quando sussistono elementi concreti per ritenere che la richiesta abbia finalità diversa da quella di esercitare la relazione affettiva».
Per la realizzazione delle “casette dell’amore” nelle carceri era stato anche ipotizzato un primo stanziamento: circa 28 milioni di euro. Ma la proposta è rimasta lettera morta.