Esiste «un rischio elevato di approvvigionamento delle materie prime critiche, cioè quelle non energetiche e non agricole» sia per l'Europa che per il nostro Paese.

Per questo in Italia andrebbero «riaperte le miniere» visto che nel nostro sottosuolo si trovano ben «16 su 34 delle materie prime critiche» indicate dall'Ue.

Così il ministro delle Imprese e del made in Italy Adolfo Urso, che intervenendo a margine della presentazione, a Roma, del nuovo think tank dell’università Luiss su temi europei ha parlato di «una sfida e una grande opportunità per il nostro Paese».

Come Italia, le parole nel dettaglio del ministro, «possediamo 16 delle 34 materie prime critiche indicate dalla Commissione europea», si tratta di cobalto, nichel, litio, e di «rifiuti minerari abbondanti». Di questi «la maggior parte servono per la realizzazione di batterie elettriche e pannelli solari». Ma «si trovano in miniere chiuse oltre 30 anni fa per il loro impatto ambientale e per la mancanza di margini di guadagno. Occorre investire e riattivare queste potenzialità. La proposta di regolamento comunitario ci chiede di riaprire le miniere e di compiere uno sforzo in termini di recupero e di investimento in capacità tecnologica».

«Verosimilmente entro la fine di quest'anno si concluderà il percorso legislativo in Europa sulle materie prime critiche, con l'approvazione da parte del Trilogo del regolamento che la Commissione ci ha presentato», ha spiegato ancora Urso. «Noi avremo compiuto un nostro percorso di riforma legislativa, per consentire a chi vuole operare in Italia di farlo in un contesto di certezza. Per questo, insieme al ministro dell'Ambiente Pichetto Fratin stiamo già aggiornando le mappe minerarie del Paese, partiamo da quelle di 30 anni fa».

Per il ministro «sarà la Commissione a certificare i progetti delle imprese come importanti per l'autonomia strategica dell'Europa. A quel punto, su quei progetti vi sarà un limite di 2 anni per le autorizzazioni all'estrazione e di 1 anno per la raffinazione. Oggi ci vogliono 15 anni in Europa per avere l'autorizzazione a estrarre da una miniera, a fronte di 7 anni negli Stati Uniti, 2 in Canada e 3 mesi in Cina».

I SITI – Quasi tutte le miniere presenti in Italia oggi risultano dismesse o abbandonate. I giacimenti, rimasti inutilizzati per anni, devono però essere rivalutati per capire se abbia senso o meno rilanciare l’attività estrattiva e quanto possa essere davvero redditizia. Inoltre la maggior parte delle miniere si trova in aree protette. Per questo Roma chiede all’Ue di prevedere, nell’ambito del regolamento, delle deroghe nei casi in cui c’è in gioco l’interesse nazionale.

In Italia, secondo gli ultimi dati Istat, i siti minerari si trovano per lo più nel Sud e Isole (46 siti). I siti presenti in Sardegna (32), Piemonte (24) e Toscana (15) insieme rappresentano il 59,2% del totale nazionale.

(Unioneonline/v.l.)

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