Il giudice Salvatore Giardina andrà in pensione ai primi di ottobre e il processo per la strage del Rapido 904 viene rinviato a data da destinarsi, con la conseguenza che dovrà essere completamente riaperta l'istruttoria, come previsto dalla recente riforma Orlando del codice di procedura penale.

Un boccone amaro per i familiari delle vittime della strage ferroviaria in cui persero la vita 16 persone e l'ennesimo colpo di scena di un iter processuale già piuttosto complicato. Ci sono voluti vent'anni per arrivare a determinare la matrice terroristico-mafiosa della strage e solo nel 2011 si è stabilito come mandante dell'attentato il boss mafioso Totò Riina.

Una strage terribile che risale al 23 dicembre del 1984, quando il treno Rapido 904 diretto a Milano da Napoli esplose nella galleria appenninica di San Benedetto Val di Sambro, carico di passeggeri che si spostavano per le feste natalizie. E per un macabro scherzo del destino l'attentato avvenne proprio dove dieci anni prima, il 4 agosto del 1974, era esploso il treno Italicus, ma questa volta gli attentatori attesero che il convoglio raggiungesse il centro della galleria per massimizzare gli effetti dell'esplosivo.

La vicenda processuale del Rapido 904, seguita inizialmente dall'allora pubblico ministero Pier Luigi Vigna, fece emergere un quadro inquietante in cui si sommavano strategia eversiva di destra e il "contributo" di manovalanze mafiose, capitanate appunto dal boss Totò Riina.

E oggi, dopo un'attesa lunga più di trent'anni, un processo più che controverso in cui ai familiari delle vittime toccò pure pagare le spese pocessuali, sembra che la parola fine sia ancora lontana.

(Redazione Online/b.m.)
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