Dopo alcuni diverbi avuti a inizio giugno con il compagno “tutte le volte in cui io ho accondisceso alle richieste di Padovani è stato per paura di scatenare la sua rabbia”.

Lo diceva il 29 luglio Alessandra Matteuzzi, nella denuncia-querela presentata ai carabinieri per segnalare lo stalking di Giovanni Padovani, che poi la sera del 23 agosto l'ha uccisa a martellate dopo averla aspettata sotto casa, a Bologna.

“Alla luce di tutte le occasioni in cui è riuscito ad accedere al condominio dove abito, ho sempre timore di ritrovarmelo davanti ogni volta che torno a casa, o quando apro le finestre”, aggiungeva la donna.

Alessandra Matteuzzi ha detto anche di essere controllata costantemente sui social. Oltre alle richieste continue di inviargli foto e video per dimostrare dove si trovava, la donna, nella querela sporta il 29 luglio, di aver scoperto mesi prima, a febbraio, che le password dei suoi profili erano state tutte modificate.

“Ho potuto constatare che erano state modificate sia le email che le password abbinate ai miei profili, sostituite con indirizzi di posta elettronica e password riconducibili a Padovani”. Inoltre “ho rilevato anche che il mio profilo Whatsapp era collegato a un servizio che consente di visualizzare da un altro dispositivo tutti i messaggi da me inviati”.

Il rapporto “si basava sempre sull'invio da parte mia dei video che lui mi aveva chiesto e di videochiamate, ma questo non è bastato a frenare la sua gelosia, perché i dubbi sulla mia fedeltà non sono mai passati. Anche una semplice foto da me postata sui social e che inquadrava le mie scarpe appoggiate sul cruscotto dell'auto al rientro da una trasferta di lavoro era stata motivo di una sua scenata”.

Nella denuncia Matteuzzi ha riferito dei controlli a cui era sottoposta, delle volte in cui lui si è presentato sotto casa. A parte una volta in Sicilia, quando lui l’aveva spintonata facendola cadere su un letto, non c’erano state mai aggressioni fisiche.

A metà luglio i due avevano avuto un riavvicinamento dopo un periodo di crisi: tra il 14 e il 22, metteva a verbale la vittima “è stato più volte aggressivo nei miei confronti, non ha mai usato violenza fisica, sfogando la sua rabbia, sempre dovuta alla gelosia, con pugni sulla porta”.

E il gip Andrea Salvatore Romito, nelle nove pagine con cui ieri ha convalidato il fermo del calciatore, ricostruisce l’ossessione di Padovani, definendola un vero e proprio “delirio di possesso”. “Sin dall’inizio della relazione – si legge nel provvedimento – ha adottato comportamenti frutto di incontenibile desiderio di manipolazione e controllo, tradottisi nella progressiva privazione di margini di libertà”.

(Unioneonline/L)

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