Tredici dei quasi trent’anni di latitanza di Matteo Messina Denaro raccontati da lui stesso, in due quaderni rilegati e abbelliti con foto di riproduzioni di quadri di Vincent Van Gogh.

Quei diari erano un modo per parlare con la figlia Lorenza Alagna, che non lo ha mai voluto incontrare se non quando la morte era ormai imminente, in carcere, dopo la cattura avvenuta nelle 2023.

I quaderni scandagliano gli anni dal 2003 al 2016 della vita del boss, che vi ha raccolto in modo irregolare, saltando da un pensiero e da un argomento all’altro, i suoi pensieri intimi, corredati anche di fotografie. Come gli scatti nel 2006 davanti all’Arena di Verona: Messina Denaro, in vacanza, con abiti di marca, scarpe griffate e fede al dito della mano sinistra. Foto che mostra il lato più vanitoso e attento all’aspetto del boss, cosa che lo distingue e non di poco da Salvatore Riina. Ci sono i pensieri d’amore per “Blu”, la maestra Laura Bonafede, sua amante condannata a 11 anni e 4 mesi.

«Solo io potevo dirle la verità sulla mia vita, nuda e cruda quale è stata, perché solo io conosco la mia vita, e non gli altri che hanno sempre abusato di parlare di me, e su di me. Pensavo che glielo dovevo», scrive riferendosi alla figlia Lorenza.

Quella Lorenza che, la avvisa Messina Denaro, dovrà dare seguito a quel che prevede il dna di famiglia, ai suoi «geni», scrive, definendoli «giocattoli difettosi». Le ricorda anche che ci è voluto «un intero Stato» per catturarlo. E, scrive, «nonostante tutto non ho avuto timore a sfidarlo. Ricordalo per capire chi è stato tuo padre».

In alcuni passaggi di quelli che il boss chiamava “libricini”, che sono stati trovati dai carabinieri del Ros, vengono anche derisi gli investigatori. Ad esempio, per l’identikit che facevano di lui.

Questo viaggio nelle memorie del boss è raccontato dal giornalista Lirio Abbate, che illustra il contenuto dei quaderni nel libro “I diari del boss. Parole, segreti e omissioni di Matteo Messina Denaro”.

(Unioneonline)

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