Francesco Podda, 50 anni, è morto il 24 marzo stroncato dal coronavirus, l'urna con le sue ceneri è arrivata ai familiari un mese e mezzo dopo. Con un conto da 4mila euro che la famiglia non può permettersi di pagare, e per cui ha avviato una raccolta fondi online.

Una storia come tante nella provincia di Bergamo, la zona più martoriata d'Italia dall'epidemia di Covid-19. Quella dei camion militari che prelevano bare per trasportarle in altri comuni, delle decine e decine di persone morte in casa senza neanche una diagnosi.

Questa riguarda una famiglia di emigrati sardi, di Gesturi, e si svolge a Bolgare, paese di 6mila anime della Bassa Begamasca, 17 chilometri a Est del capoluogo orobico.

I FATTI - Tutto ha inizio un brutto martedì di marzo, quando Francesco Podda inizia ad avere 37,5 di febbre e ad accusare dolori muscolari. La febbre continua a salire, lui non riesce neanche ad alzarsi dal letto.

La figlia Sharon, 23 anni e due figli (di sette anni una, di quattro mesi l'altro), e la moglie Sabrina Tagliabue chiamano i soccorsi. Non è facile: "Le chiamate erano tante, e noi dovevamo aspettare".

Passano un paio di giorni e la situazione peggiora: "Papà non mangiava più, viene a casa la dottoressa di famiglia che prova la saturazione: 91. Dopo due ore arriva l'ambulanza, nel frattempo la saturazione è scesa a 88 e lo portano in ospedale a Bergamo".

La bimba saluta il nonno, sperando di riabbracciarlo presto. Non lo riabbraccerà più: "Ho dovuto parlare a lungo con lei per aiutarla a capire cosa stesse succedendo". Le visite nei reparti Covid sono vietate, non resta che attaccarsi al telefono per ricevere notizie, quel telefono che ad ogni squillo dà una sensazione di angoscia mista a speranza.

"Dopo una settimana l'ospedale ci chiama dicendo che la situazione è critica e papà potrebbe morire da un momento all'altro", racconta Sharon nell'appello lanciato online per raccogliere fondi.

Alle 22.40 del 24 marzo un'altra telefonata, "un maledetto fulmine che ha toccato le nostre vite". Francesco Podda è morto.

IL DANNO E LA BEFFA - Il suo corpo viene portato a Bologna per la cremazione: solo un mese e mezzo dopo ai familiari viene consegnata l'urna con le ceneri, erano migliaia le salme da cremare. Al danno si aggiunge la beffa: la richiesta di 4mila euro per la cremazione.

"Purtroppo questa è l'ultima delle nostre sfortune, noi non abbiamo questa possibilità economica. E non possiamo permetterci neanche un funerale, anche se vorremmo dare una degna sepoltura a mio padre", spiega Sharon.

Francesco Podda era un agente di commercio: "Era lui il perno della famiglia - dice Sharon -, ora andiamo avanti con i soli 800 euro al mese di mia madre. Lavorava in un'industria ma è ferma da settembre per problemi alla schiena".

LA RACCOLTA FONDI - Un dramma nel dramma: il conto da 4mila euro, il funerale, le rate del mutuo e quelle della macchina. Per questo Sharon ha deciso di lanciare una sottoscrizione su Internet per raccogliere 10mila euro: "Ci consentirebbero di pagare la cremazione, il funerale e andare avanti per qualche mese".

Una richiesta d'aiuto rivolta anche ai gesturesi, gli abitanti di quel paese che il papà ha sempre portato nel cuore e in cui sarebbe tornato come ogni estate. Richiesta rilanciata anche dal sindaco Ediberto Cocco: "Una situazione familiare difficile che mi rattrista. Invito tutti i miei concittadini ad aiutare la moglie e la figlia di Francesco. Diamo tutti una mano".

La somma raccolta finora si avvicina ai 3mila euro, e a leggere i nomi dei donatori è in buona parte merito della generosità dei sardi.

(Unioneonline/L)
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