Avrebbe impugnato una pistola e sparato al figlio 15enne, riducendolo in fin di vita, poi puntandola contro se stessa, uccidendosi, con un solo colpo alla testa. Sarebbe stata Alessandra Spiazzi a sparare nel pomeriggio di ieri nella villetta di Vago di Lavagno, nel Veronese, due colpi: il primo al figlio, da poco rincasato da scuola, il secondo per farla finita.

Questo il quadro delineato al termine delle indagini dei Carabinieri, coordinati dalla Procura di Verona. Una vicenda che a lungo è parsa un rebus, sciolto solo il giorno successivo da Procura e Carabinieri. Luciano, 60 anni, il marito di Alessandra e padre de ragazzo, era in casa ma non avrebbe assistito alla sparatoria, avvenuta nella cucina dell'abitazione.

È stato sentito a lungo in caserma, come testimone, e ha contribuito a delineare le possibili cause della tragedia. Alessandra non stava bene, da tempo era seguita per i problemi di natura psicologica. Ultimamente però, hanno riferito fonti qualificate, non assumeva più i suoi farmaci, e pare avesse saltato gli ultimi appuntamenti con gli specialisti. Un'esplosione di violenza comunque inspiegabile, concordano gli inquirenti e, alla fine, inquadrabile in quel «dramma familiare» del quale gli investigatori avevano parlato ieri sera a mezzo voce.

Determinante è stata poi la prova dello stub, risultata positiva su Spiazzi. Nessun altra responsabilità, nessun indagato. «Al momento - ha spiegato il procuratore di Verona, Raffaele Tito - l'ipotesi indiziaria più accreditata è quella del tentato omicidio del ragazzo compiuto dalla madre che poi si è suicidata, la donna da tempo aveva problemi sanitari».

Il ragazzo è sempre in condizioni disperate. Troppo grave la ferita alla nuca provocata dal colpo d'arma da fuoco. Come riferito dal bollettino medico emesso oggi dall'ospedale Borgo Trento di Verona, dov'è ricoverato, il 15enne «è nel reparto di neurorianimazione diretto dal professor Leonardo Gottin. Dopo la notte - viene spiegato - le condizioni del paziente permangono gravissime ed è sostenuto farmacologicamente e meccanicamente in tutte le funzioni vitali».

Arrivato all'ospedale «in condizioni cliniche già gravissime», era stato immediatamente sottoposto a una terapia di supporto massimale. Alessandra Spiazzi aveva lavorato come centralinista in un call center, e da poco era andata in pensione. Ciò che si coglieva da fuori, così la descrivono amiche e conoscenti, era l'immagine di una donna molto impegnata nel sociale, nelle iniziative dell'associazione "Mamme volenterose di Lavagno", che si occupa di volontariato e contrasto alla violenza.

Resta ancora qualche elemento da chiarire: la pistola del tentato omicidio-suicidio apparteneva al padre della donna (nel frattempo deceduto) ma per qualche ragione non era mai stata restituita alle autorità. È possibile che non fosse nella villetta di via Galilei, ma da un'altra parte, forse nella vecchia abitazione di famiglia. 

(Unioneonline/D)

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