Un mistero senza fine, pronto ad arricchirsi di un nuovo capitolo giudiziario.

Questa mattina è stato depositato il ricorso in appello sul caso di Serena Mollicone, la 18enne di Arce (Frosinone) trovata morta il 3 giugno 2001 nel bosco dell’Anitrella.

La Procura e i familiari della ragazza non si rassegnano alla sentenza della Corte d’assise di Cassino che nello scorso luglio ha assolto tutti gli imputati: Franco Mottola, ex comandante della caserma dei carabinieri di Arce, la moglie Anna Maria e il figlio Marco, che erano accusati di omicidio volontario e occultamento di cadavere; l’allora vice comandante della stazione del carabinieri Vincenzo Quatrale e l’appuntato Francesco Suprano, accusati di favoreggiamento.

Nella ricostruzione della Procura, Serena il giorno della scomparsa andò in caserma ad Arce e nell'alloggio dei Mottola ci sarebbe stata una lite al culmine della quale la studentessa avrebbe battuto con violenza la testa sul montante di una porta, riportando le ferite che ne hanno provocato la morte.

Ventidue anni di indagini, piste false e colpi di scena. La prima svolta avviene con l'arresto del carrozziere Carmine Belli che però in Corte d'Assise viene assolto. Le indagini finiscono su un binario morto. Ripartono quando due giovani marescialli dei carabinieri notano una serie di incongruenze nei fogli di servizio della caserma di Arce. Matura così il sospetto che Serena il giorno della scomparsa sia andata in caserma ad Arce e da lì nell'alloggio del comandante, il maresciallo Franco Mottola di cui conosceva il figlio Marco. Poi gli indizi conducono alla violenta discussione al culmine della quale la ragazza batte la testa.

Le indagini ipotizzano che il corpo sia stato custodito nella vecchia caserma di Arce e che al delitto abbiano partecipato a vario titolo il maresciallo, la moglie ed il figlio. Quella che viene ritenuta una svolta avviene quando diventa chiaro che uno scenario simile è possibile solo con la complicità di altri carabinieri: vengono avviati approfondimenti su chi era in servizio il 1 giugno 2001 ad Arce.

È a quel punto che crolla il brigadiere Santino Tuzi: in due interrogatori rivela di avere visto Serena entrare e di averla fatta salire nell'alloggio dei Mottola. Poi ritratta tutto e dice di essersi inventato ogni cosa, morirà suicida nei giorni successivi.

Si giunge al processo per Franco Mottola, la moglie, il figlio, il vice comandante della caserma Quatrale e l'appuntato Suprano. Ma anche il secondo processo in Corte d'Assise si conclude con un'assoluzione e scene di altissima tensione, con gli imputati che sfuggono al linciaggio e vengono etichettati come “assassini”.

Ora la richiesta di Appello, depositata dalle parti civili e dalla Procura. 

(Unioneonline/L)

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