I giornalisti dovrebbero evitare "i racconti alla Scarface" perché al vertice della piramide dei carabinieri arrestati alla caserma Levante di Piacenza non c'era lui.

In tre ore davanti al gip Giuseppe Montella, considerato dai pm di Piacenza il capo del sistema criminale messo in piedi nella caserma, ha cercato di difendersi dalle accuse, pur ammettendo errori fatti "per ingenuità, vanità, per tante cose".

Ha cercato di "spiegare una situazione complessa", ha detto il suo avvocato Emanuele Solari: "Ci saranno ulteriori riscontri ma è stato collaborativo al 100%".

Non è chiaro come e se abbia già "spiegato" le attività di spaccio, i pestaggi, le "scorribande" dei carabinieri "infedeli" e tutti quegli arresti eseguiti da gennaio in poi, promossi secondo le accuse dai suoi "galoppini", senza accertamenti sul territorio e "macchiati da violenze e percosse".

Ha parlato anche Giacomo Falanga, il militare che sorride con una mazzetta di denaro in mano assieme a Montella e a due spacciatori: "Non ha nulla a che vedere con Gomorra - dice il suo avvocato Daniele Mancini - è del 2016, era su Facebook con tanto di commenti ed è il frutto della vincita al Gratta e vinci".

Sul nigeriano pestato "non è stato picchiato in sua presenza, è stata una spacconata di Montella, in realtà è caduto durante l'inseguimento". Anche se nell'intercettazione agli atti Montella la pensa diversamente: "Quando ho visto tutto quel sangue per terra ho detto boh, lo abbiamo ammazzato".

Tace invece Salvatore Cappellano, il presunto autore materiale delle botte e delle torture e "l'elemento più violento della banda dei criminali".

L'inchiesta non si ferma ai militari già arrestati e potrebbe allargarsi ai vertici del comando provinciale (già azzerati): "E' lecito domandarsi - scrivono i pm - come sia stato possibile che per anni nessuno si sia posto dei dubbi, ad esempio sul tenore di vita dell'appuntato Montella, palesemente superiore alle condizioni economiche di un appartenente alle forze dell'ordine del suo grado. Grave che per anni nessuno, per vicinanza o per grado gerarchico, abbia voluto controllare le fonti delle sue disponibilità economiche o le modalità con cui lo stesso conseguiva i cosidetti 'risultati operativi'. Si badi, Montella è un delinquente, nel senso etimologico e giuridico del termine".

Lo scorso gennaio, davanti agli investigatori, il giovane pusher marocchino che passava le informazioni all'appuntato napoletano riassumeva così il suo rapporto con lui: "Principalmente parlavo con Montella, il quale mi diceva che comunque tutti gli altri carabinieri della stazione erano 'sotto la sua cappella', compreso il comandante (della stazione ndr) Orlando... alcune volte ho parlato anche con Falanga".

In cambio delle "soffiate" per eseguire gli arresti, lo spacciatore veniva poi pagato da Montella con parte della droga sequestrata (oppure in denaro): "Non l'ho più visto da quando mi aveva picchiato in caserma - racconta a verbale lo spacciatore - mentre mi ha mandato un messaggio su Facebook dove mi diceva di smetterla di dire cose sul suo conto perché mi conveniva".

(Unioneonline/D)
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