Non ha accennato a placarsi, negli ultimi tempi, la polemica tra Regioni in merito alla cosiddetta (il)legittimità costituzionale della Legge Calderoli. Il terreno dello scontro politico sul punto sembrerebbe presentarsi in maniera ambivalente articolandosi, sostanzialmente, su due frangenti che si potrebbero definire come concorrenti: referendum abrogativo, per il quale si è proceduto nel senso della raccolta delle firme e che è stato chiesto da cinque Consigli Regionali, ossia da quelli di Puglia, Sardegna, Emilia-Romagna, Toscana e Campania; ricorso alla Corte Costituzionale per chiedere il vaglio di costituzionalità della legge siccome potenzialmente emanata in violazione della nostra Costituzione. Ebbene. La circostanza, ossia l’esistenza e la persistenza di posizioni contrapposte, potrebbe pure indurre a ricondurre (si perdoni il gioco di parole) alle sole consuete dinamiche che animano lo scontro fra forze politiche l’attuazione sul piano pratico della cosiddetta “autonomia differenziata”. Tuttavia, la difformità delle vedute, potrebbe pure esprimere un quid pluris che potrebbe avere la sua incidenza anche sul piano giuridico per essere in qualche modo significativo, forse, di quella che sembrerebbe presentarsi (la formula dubitativa si impone) come una evidenza. Il fatto stesso della mancanza di una unitarietà di vedute e di intenti in ordine ad una riforma che certamente andrà ad incidere fortemente non solo sulla geografia del Paese, ma anche, e soprattutto, sulla sua regolamentazione giuridico-amministrativa-finanziaria, ponendosi come potenzialmente idonea a dare vita ad un Paese a più velocità con differenti livelli di sviluppo e di fruizione di servizi pubblici essenziali, a ben considerare, potrebbe (il condizionale appare ancora opportuno) già, fin d’ora, forse proporsi come significativo di un aspetto fondamentale: quello, per intenderci, relativo all’attuale probabile inidoneità assoluta della Riforma ad esprimersi efficacemente sul piano applicativo per non porsi come rappresentativa, allo stato, e come invece dovrebbe essere, di un interesse comune e condiviso dal Paese Italia nella sua interezza. Tanto più, allorquando, si voglia considerare che le note Leggi costituzionali numero 1 del 1999 e numero 3 del 2001, accrescendo l’autonomia e i poteri delle Regioni a statuto ordinario nel loro introdurre un aumento delle materie con competenza concorrente tra Stato e Regione, ben potrebbero aver determinato una corrispondente riduzione, per così dire, e se così la volessimo definire, dell’autonomia delle Regioni a Statuto Speciale, quale appunto è la Sardegna, soprattutto laddove si voglia considerarla, siffatta autonomia, come lesiva financo sul piano finanziario particolareggiato e generale.

Più semplicemente e come da più parti evidenziato: la riforma Calderoli sembrerebbe introdurre un processo di finanziamento per le Regioni a statuto ordinario assai simile a quello già previsto per le regioni a statuto speciale. E, su siffatto specifico aspetto, con buona probabilità, sarebbe, con buona verosimiglianza, fin troppo riduttivo ritenere di poter porre rimedio solamente introducendo (legge costituzionale n. 2 del 2001) la possibilità, per le Regioni a Statuto Speciale di adottare cosiddette “leggi statutarie”, ossia di governo. Dicendolo ancora diversamente e semplicemente: se già la gestione di cinque regioni a statuto speciale sembrerebbe apparire di estrema complessità pratica per essere tutte caratterizzate da funzioni e risorse tra loro differenti, come verrebbe a delinearsi sul piano amministrativo e finanziario la situazione del Paese allorquando a seguito della Legge Calderoli e delle richieste delle Regioni a statuto ordinario, queste ultime, quasi a modello di regioni a Statuto Speciale (che sono tali per specifiche ragioni a tutti note), acquisissero funzioni e risorse a loro volta differenti e differenziate?

Ad oggi, se le Regioni Sardegna e Puglia si sono determinate nel senso di proporre ricorso alla Corte Costituzionale, altre Regioni, come la Lombardia, hanno per converso deciso di presentare opposizione a questi ricorsi. I Presidenti delle Regioni Lombardia e Veneto, Fontana e Zaia, sono accesi sostenitori della riforma Calderoli, e per loro sarebbe inconcepibile risultare impediti in quello che ritengono essere un percorso legittimo. Alessandra Todde, Presidente della Regione Sardegna, invece, ha voluto ribadire che la Sardegna continuerà ad opporsi all'autonomia differenziata per tutte le ragioni esposte in più occasioni. In buona sostanza, l’idea di fondo, sembrerebbe essere quella per cui la piena ed integrale attuazione della riforma Calderoli sull’autonomia differenziata aumenterebbe le disuguaglianze e andrebbe a dare vita a tante differenti Italie quante sono le regioni in cui la stessa Italia si articola, tutte paradossalmente più deboli e fragili, comprese, alla lunga, quelle regioni che, invece, sostengono con forza la riforma stessa. L’esistenza stessa di posizioni così contrapposte potrebbe suggerire la necessità di riflettere ancora a lungo sulla necessarietà e sulla opportunità, quanto meno attuale, della Riforma.

Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro

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