“Ogni giorno mi sveglio con il rimorso di aver portato mio padre all'ospedale, col rimpianto di non aver provato a curarlo a casa per evitargli quel finale tragico, lontano dalla sua famiglia che lo adorava ma che lui, senza che noi avessimo colpa, ha sentito lontana nel momento in cui più ne aveva bisogno”. A parlare è Luca Miai, 55 anni, figlio di Nando, pensionato dell’Enel di 93 anni morto all’ospedale di Carbonia dove era ricoverato. “L'ultima volta che lo abbiamo visto è stata quando è salito, con le sue gambe, sull'ambulanza. Due mesi dopo era morto, senza averci mai più rivisto. In totale solitudine, senza un abbraccio o una parola di conforto: si sarà sentito abbandonato, perso”.

L’avvocato Claudio Vivarelli ha presentato, su mandato di Miai, una querela contro chi, all’ospedale Sirai, ha gestito il caso.

Suo padre era finito al Pronto soccorso dopo che per diversi giorni, a causa di un'infezione alla gola, si era fortemente disidratato poiché, a causa del dolore, aveva mangiato e bevuto pochissimo. Dopo quattro giorni su una lettiga, la situazione è precipitata: blocco renale e positività al Covid.

“Se qualcuno ha responsabilità per questo finale indecente deve essere chiamato a risponderne”, conclude Miai.

(Unioneonline)

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