Igea pronta a ridare l'acqua a Masua, Cabitza e Campo Pisano
Dal 1° febbraio sono senz'acqua, ma dalle prossime ore l'Igea potrebbe ripristinare l'erogazione idrica agli abitanti di Masua, Cabitza e Campo Pisano.
Il condizionale è legato al fatto che - dopo la disponibilità manifestata dalla società mineraria controllata dall'assessorato regionale all'Industria - si attende un atto formale da parte del sindaco di Iglesias.
Emilio Gariazzo, già domani, potrebbe firmare un'ordinanza che darebbe il definitivo via libera al ripristino della fornitura idrica.
L'atto del sindaco serve, di fatto, per rimarcare l'essenzialità del servizio idrico, legata anche ad aspetti di natura igienico-sanitaria.
Gli abitanti delle zone interessate, da oltre due settimane, stanno facendo i salti mortali per approvvigionarsi.
Le difficoltà maggiori sono per quelli della vecchia Masua, la frazione affacciata sulla costa.
Già venerdì scorso il sindaco aveva sottoposto il problema all'attenzione dell'assessorato regionale all'Industria.
"Da parte nostra c'è la massima disponibilità a risolvere questa situazione d'emergenza", conferma Michele Caria, amministratore unico di Igea. Emilio Gariazzo aggiunge: "Nelle prossime ore contiamo di risolvere questa situazione d'emergenza, ma è chiaro che poi si dovrà trovare una soluzione definitiva.
Per questo è stata programmata una riunione con i rappresentanti di Igea, Abbanoa e gli stessi cittadini interessati: bisogna decidere come affrontare la questione della realizzazione della condotta che colleghi le abitazioni alla rete idrica cittadina".
Si dovrà decidere, in particolare, come ripartire i costi: sembra che Abbanoa, da sola, non sia in grado di accollarsi tutti gli oneri.
È dal 1° febbraio che Igea ha interrotto la fornitura idrica a una cinquantina di famiglie. Le zone interessate sono quelle della "vecchia Masua" - la frazione costiera - e dei rioni cittadini Campo Pisano e Cabitza dove si trovano le abitazioni approvvigionate solo con l'acqua della miniera.
Acqua gratis ma industriale, non trattata e, dunque, non propriamente potabile. Una "consuetudine" avviata dalle vecchie società minerarie (in passato private) che gestivano i giacimenti e che, in tal modo, andavano incontro alle esigenze delle famiglie dei minatori.