Ok ai permessi di soggiorno per motivi umanitari in favore dei migranti che hanno la “seria intenzione” di integrarsi in Italia, attestata dallo studio della lingua e dallo svolgimento di un lavoro anche non stabile.

Lo stabilisce la Cassazione, accogliendo il ricorso di un cittadino nigeriano, Patrick W., a cui la Corte d’Appello di Cagliari aveva negato il permesso dicendo che la frequentazione di corsi di lingua e un contratto di lavoro a tempo determinato non fossero elementi che attestavano il radicamento dell’uomo nel nostro Paese.

Per gli ermellini bisogna inoltre tener presente che anche per i cittadini italiani è difficile trovare un contratto di lavoro a tempo indeterminato. Dunque, nel decidere se consentire a un migrante di restare nel nostro Paese, bisogna guardare al percorso da lui effettivamente intrapreso.

Si legge nella sentenza: “La seria intenzione di integrazione sociale, desumibile da una pluralità di attività, può rilevare ai fini della protezione umanitaria, quantunque essa non si sia ancora concretizzata in una attività lavorativa a tempo indeterminato, specie se si consideri che tale obiettivo presenta difficoltà non irrilevanti anche per i cittadini del Paese ospitante”.

Patrick, difeso dall’avvocato nuorese Stefano Mannironi, ha fatto valere davanti ai giudici il fatto di svolgere un lavoro a tempo determinato “con prosecuzione ininterrotta dal 2018” e di aver frequentato corsi di italiano.

La Corte d’Appello di Cagliari deve dunque porre rimedio e attenersi ai principi dettati dagli ermellini in favore di Patrick e di tutti gli altri casi simili al suo.

(Unioneonline/L)

© Riproduzione riservata