«Questa croce che oggi è stata posata e benedetta, sia per quei soldati a perenne memoria, e ogni persona che posi il suo sguardo su di essa possa volgere il pensiero e l’anima a quelle giovani vite spezzate. Oggi in un clima di pace consolidata e di solidarietà reciproca, voi Popolo dell’Austria e noi Popolo d’Italia rendiamo omaggio a questi giovani che qui nell’Isola dell’Asinara conclusero la loro vita e dove qui i loro resti riposano». Parole del sindaco di Porto Tores, Massimo Mulas in occasione dell’inaugurazione della Croce Nera, il monumento posizionato a Cala Reale in onore dei soldati austriaci deportati all’Asinara dove morirono durante la Grande Guerra, uccisi dall’epidemia del colera.

Una croce alta quattro metri su un basamento di granito, realizzato in materiale corten dalla Nuova Sismet di Porto Torres, un’opera voluta  dell'associazione Croce Nera d'Austria e dal popolo austriaco con il contributo dell'amministrazione comunale di Porto Torres.

La cerimonia si è tenuta questa mattina sull’isola dell’Asinara alla presenza delle autorità civili, religiose e militari, del sindaco di Stintino, Rita Vallebella, delle associazioni combattentistiche e d’Arma, l’Amni di Porto Torres e la Brigata Sassari, il commissario straordinario e il direttore del parco dell’Asinara, Giancarlo Muntoni e Vittorio Gazale. Dopo il suono degli inni nazionali, austriaco e italiano, il rappresentante austriaco della Provincia del Tirolo, Thomas Huter, insieme al sindaco di Porto Torres, Massimo Mulas, hanno deposto ai piedi della Croce Nera, le corone di alloro, altre due sono state posizionate nella cappella di Cala Reale. L’arcivescovo di Sassari, monsignor Gianfranco Saba ha impartito la benedizione ai soldati caduti e al monumento commemorativo.

«Si tratta di un ricordo di membri dell’esercito austro-ungarico. Più di un secolo fa iniziava la prima guerra mondiale, più di 9 milioni di persone hanno perso la vita e le terribili esperienze di quegli anni non hanno potuto prevenire una seconda guerra mondiale costata la vita a 55 milioni di persone», ha concluso Thomas Huter. Dei 23mila giovani soldati dell’esercito Austro-Ungarico che vennero consegnati all’Italia, perché li tenesse in custodia, come prigionieri internati in quest’isola, almeno 7mila di essi qui trovarono la morte.

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