«Chi mi ha contagiato? Impossibile saperlo, in quei giorni a Isili il Covid lo aveva chiunque». È trascorso un anno ma sembra una vita fa. Fausto Coni, 62 anni, lavora da quando era bambino e in quei giorni – ovvero quelli interminabili della malattia, dell’isolamento e della chiusura forzata – ha sempre avuto una certezza sola: «Tutto sarebbe finito bene». Aveva ragione, almeno restando alla storia della sua famiglia. «Mi sono ammalato io, mia moglie, mia figlia, mio genero, il bambino, mia sorella, suo marito e la loro piccola. Tutti, l’unico che si è salvato, non si sa come, è stato mio figlio Alessandro».

I momenti più duri

Un anno dopo l’autunno terribile del 2020 con il paese in zona rossa, le imposte chiuse, le scuole deserte e il terrore che chiunque fosse portatore del virus, Fausto Coni ricorda tutto seduto a un tavolino del Cardellino, l’hotel ristorante a gestione familiare che ha aperto 44 anni fa: «Se ci ripenso, il 27 agosto Fabio stava cenando qui, era seduto vicino alla porta perché dentro non c’era posto». Allarga il braccio a indicare una sedia che non c’è, poi abbassa gli occhi al pavimento chiaro e tace. Non c’è da aggiungere altro. Perché al tavolo dove il sindaco Luca Pilia e gli assessori Enrico Melis e Marco Addis bevono un caffè, non serve una parola di più: tutto a Isili era cominciato pressapoco così. Fabio è Fabio Lecis, morto di Covid a 33 anni dopo aver accudito fino all'ultimo respiro i genitori malati. Un ragazzone dal cuore buono che aveva impegnato il suo diploma da oss per prendersi cura di mamma Isabella e babbo Marco tra le quattro stanze oltre i blocchi in cemento di vico Gialeto, centro storico del paese. Da qui lo hanno portato via ormai senza speranza il 23 settembre dell’anno più nero: è morto sulla soglia del Santissima Trinità. «È stato il giorno più brutto»: Luca Pilia non ha dubbi. Quella mattina ce l’ha scolpita in testa. «Mi hanno telefonato perché non riuscivano a contattare Fabio per fare il tampone e ho mandato il vigile a chiamarlo. Lui si era affacciato alla finestra ma era molto pallido, affaticato. Sono venuti a prenderlo di sera ma quando è arrivato in ospedale era troppo tardi». Il paese per la prima volta era in piena emergenza con oltre 120 contagi su circa 2.700 residenti (la prima ondata qui non è mai arrivata): l’ordinanza del sindaco aveva chiuso uffici e classi, le famiglie erano barricate in casa. «Non sapevamo cosa fare, tutto era sconosciuto e complicato. Fare i test, trovare personale che potesse curare i malati». La prova più dura è arrivata subito dopo. Oltre a Fabio Lecis anche i genitori erano stati ricoverati nel reparto Covid dell’ospedale cagliaritano. Li hanno rimandati a casa una domenica di ottobre, senza preavviso. «Ho chiamato i carabinieri. Non sapevo a chi affidarli e fino a quando non abbiamo trovato una soluzione non ho acconsentito che scendessero dall’ambulanza».

L’assistenza

Serviva guadagnare tempo per creare un piano d’assistenza. «Un’infermiera del paese ha dato la propria disponibilità e così dopo qualche giorno abbiamo assunto due oss, acquistato decine di saturimetri. Nel frattempo è arrivato l’esercito per lo screening di massa e il servizio nelle case di riposo, mentre la protezione civile distribuiva la spesa a domicilio». La conta dei morti per Covid in paese è stata rivista solo qualche mese: ai primi d’agosto il virus s’è portato via una signora ottantenne. «Nelle case di riposo c’erano i militari, per sostituire il personale ammalato nella cura agli anziani», aggiunge l’assessore Enrico Melis, positivo per 28 giorni. «Ero andato a caccia e avevo preso freddo, ai primi sintomi ho pensato non fosse nulla di grave. Ma poi è arrivata la febbre. Gli effetti a distanza di un anno si sentono ancora».

Da allora per fortuna molto è cambiato. Nel parco Asusa dove l’esercito aveva allestito i gazebo per i tamponi di massa sono tornati gli studenti. Alle 13 di un sabato di sole aspettano il bus: lo zaino in spalla, la sigaretta tra le dita e la mascherina appesa alle orecchie. Perché a Isili il Covid è sparito da mesi, ma la paura no.

Mariella Careddu

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