La corsa non è proprio una specialità di Gabriele Catta, ma un mese fa il ventunenne monserratino si è messo in gioco e si è allenato per affrontare 20 maratone in 20 regioni diverse. Ed è riuscito nell’impresa, il cui scopo è stato quello di raccogliere fondi per la ricerca sulla sclerosi multipla e sul cancro, malattia, quest’ultima, di cui è morto suo nonno, al quale era legatissimo.

La maratona di Catta ha avuto un’eco importante anche nella stampa di ogni regione dove ha corso, e ciò ha permesso di raccogliere 3.000 euro che andranno all’Airc e all’associazione Vo.S.M (Volontariato Sclerosi Multipla). Catta si è preparato al meglio per affrontare qualsiasi tipo di difficoltà: «Ho studiato varie strategie per far fronte ad eventuali errori e alla fatica», spiega.

È stata una sfida non priva di difficoltà, ammette: «Ho avuto momenti di crisi ma ho saputo gestirli. A Torino ho avuto un forte dolore al tibiale anteriore destro e a Foligno, invece, al polpaccio. Durante il resto della maratona infatti ho dovuto rallentare il passo ma cambiando strategia ho superato l’ostacolo».  

E poi c’è stato il gran caldo, che non è stato certo un alleato, ma lui si è preparato anche per questo: «I primi dieci giorni di maratona sono coincisi con la settimana più calda di sempre. A Pescara nell’ultima ora di corsa, dalle 10.30 alle 11.30, c’erano 37 gradi, percepiti ancora di più. Per non rischiare colpi di calore ho dovuto fare avanti e indietro lungo la fontanella».

La tappa finale è stata a Cagliari, domenica sera. La maratona è stata sin dall’inizio soprannominata “mission impossible”, e spiega perché: «Quando a settembre ho annunciato questa iniziativa, solo due persone hanno creduto che ce l’avrei potuta fare; gli altri pensavano fosse impossibile. Ma questo loro pensiero mi ha ricaricato ancora di più. Ora però si sono tutti ricreduti».  La prossima sfida? Il giovane monserratino si limita a dire solo che si tratterà di «una delle più grandi nuotate che sia mai stata realizzata da chiunque».

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