Nessun giro di parole ma un “no” forte al metodo della braccata con i cani per il controllo dei cinghiali. Il grido arriva dalle associazioni ambientaliste e animaliste Lav onlus, Lega per l’abolizione della caccia e Gruppo d’Intervento Giuridico. Tutte e tre hanno chiesto l’annullamento parziale in via di autotutela del piano di controllo dei cinghiali varato recentemente della provincia di Oristano. La richiesta è stata inviata anche al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, alla Regione e all’Istituto Superiore per la ricerca e la protezione ambientale.

Nella richiesta le associazioni sottolineano peraltro che proprio l’Ispra, unico ente dello Stato deputato al rilascio dei pareri alle Regioni su caccia e fauna selvatica, recentemente ha esplicitamente richiesto l’esclusione del metodo della braccata con i cani, in quanto non selettivo e di rilevante disturbo per le altre specie di fauna selvatica, come peraltro già fatto presente dal ministero dell’Ambiente in precedenti occasioni. Le associazioni ricordano poi che il metodo della braccata con i cani favorirebbe la dispersione dei cinghiali in aree ancora più vaste. Ciò nonostante il piano oristanese prevede tale metodologia come elemento centrale.

Le associazioni ambientaliste e animaliste auspicano un serio ripensamento in relazione a un’attività di stampo sostanzialmente venatorio tutt’altro che selettiva e addirittura controproducente. E chissà se questo ripensamento ci sarà. Intanto in un’altra zona c’è chi è intervenuto al riguardo. Il Tar delle Marche a marzo scorso ha sentenziato che la braccata non può essere considerata una tecnica di controllo del cinghiale. Era stato chiamato a esprimersi sul ricorso presentato dalle associazioni animaliste contro il Piano di controllo del cinghiale 2018-2023, annullando la previsione dell'utilizzo della braccata come metodo di controllo.

© Riproduzione riservata